LA PRESENZA DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH NEL MONDO

venerdì 25 dicembre 2015

398 - PRIMA SANTA MESSA

 
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Nel Natale del 1865 don Giovanni Battista Piamarta celebrava la sua Prima Santa Messa a Bedizzole (Brescia). Sono quindi trascorsi 150 anni da questo evento fondamentale della sua vita.

lunedì 21 dicembre 2015

397 - MADONNA DEL VELO


Lettura dell'opera

Copia autentica della Sacra Famiglia. Dono munifico della contessa Gigli 
di Pavone Mella al Padre Giovanni Battista Piamarta.

Autore dell'opera: Pietro Da Gavardo
 

396 - ELOGIO DELLA BREVITA’

48. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano Cabra

Dieci minuti

In questi giorni abbiamo deciso, in una riunione, che l’omelia, la spiegazione del Vangelo durante la Messa, non deve superare i dieci minuti. Questo vale in primo luogo per me, facile a lasciarmi trasportare dall’ entusiasmo, ma anche per i miei collaboratori, alcuni dalla parola facile. E’ necessario praticare noi, per primi, la pazienza nella fase della preparazione dell’omelia, piuttosto che mettere alla prova la pazienza dei nostri ragazzi, con il pericolo di stancarli al punto che, una volta usciti dall’Istituto, smarriscano la strada della chiesa.  E’ facile cedere alla tentazione di rimediare al vuoto del nostro cuore con molte parole umane che diluiscono il messaggio divino e non toccano il cuore altrui. Per essere brevi, occorre impiegare molto tempo. Tempo per studiare, tempo per confrontare la Parola di Dio con la vita, tempo per fare nostro il tema, tempo per pregarci su, tempo per trovare il modo opportuno di comunicare. E, prima di tutto, occorre essere convinti che il ministero della Parola va assolto con rispetto verso la parola di Dio e responsabilità verso chi ascolta. Ai giovani Padri raccomando di non voler dire tutto, ma di lasciare in chi ascolta il desiderio di ascoltare ancora e di conoscere meglio l’argomento, perché lo ha interessato e coinvolto. Questo è il segnale che si è fatto bene e che si può percorrere la strada intrapresa. . Qui a Brescia un giovane Padre della Pace, di origine veronese, bravo oratore e colto maestro di giovani, Giulio Bevilacqua, ha affermato che in una omelia: “Dieci minuti sono di Dio, quindici sono dell’io, e il resto del demonio”. E’ una buona sintesi da ricordare.

La preghiera

Anche la preghiera va proposta con quella discrezione che non svuota la sua importanza, ma mette in risalto la sua necessità. Dovremmo essere capaci di insegnare a pregare poco, bene, sempre. Poco: una preghiera prolungata è inutile, dal momento che si ha a che fare con realtà che non si toccano e non si vedono e sulle quali l’attenzione scivola via facilmente, specie quella instabile dei ragazzi. Bene: La brevità facilita la concentrazione e permette di pregare con una certa attenzione, almeno con lo slancio del cuore. Sempre, per rispondere all’indicazione della necessità di pregare senza stancarsi. Mettere assieme queste tre caratteristiche della preghiera sembra un’impresa ardua, che diventa possibile insegnando l’uso frequente delle giaculatorie, questi slanci del cuore, brevi ma intensi e frequenti che, come frecce, sono dirette al cuore di Dio e che, contemporaneamente infiammano il nostro cuore. Pregare è parlare con il Signore nelle varie circostanze, per restare uniti a lui nella buona come nella cattiva sorte, per ringraziarlo o per invocarlo, sempre con lui in ogni momento e con ogni tempo.

La preghiera del Signore

Del resto, anche il Signore Gesù ha fatto l’elogio della brevità nella preghiera, ricordandoci di non illudersi di convincere Dio con le nostre chiacchiere o con le molte parole. E ci ha insegnato il Padre nostro, un esempio di brevità e di essenzialità, ove in poche domande si trova tutto quello che è necessario chiedere per il nostro bene. Anche qui occorre insistere a lungo sulla necessità della preghiera. Un breve tempo ben preparato ogni giorno da dare alla preghiera, è come una goccia che scava insensibilmente la pietra anche la più dura. Goccia dopo goccia, una preghiera breve, ben fatta, insistente è in grado di costruire la santa abitudine e il gusto del rivolgersi al Signore. Ma noi che parliamo di preghiera siamo uomini di preghiera? Occorre pregare bene per trasmettere il gusto della preghiera, come occorre prepararsi bene per far gustare la parola di Dio! Signore, fammi costante nella preparazione, breve nella esposizione, fiducioso nella seminagione.
 

sabato 19 dicembre 2015

395 - A FAMILY FOR THE FAMILIES

First Encounter with Father Piamarta - By Pier Giordano Cabra

Chapter Eight

1. In the beginning of the Institution Artigianelli Father Piamarta had two special coworkers: the cleric, Emilio Bongiorni, and Dominatore Mainetti. The first was destined to become the first auxiliary Bishop of Brescia; the second, mayor of Brescia. Always among the first coworkers, were some precious priests from Pavone who lived with Monsignor Capretti. Also some priests and lay people, and then some of his own pupils joined him to share his mission and his laborious, demanding, difficult life.

2. Father wanted to be surrounded by more than a group of coworkers. He wanted to create a stable community that was like a family, where you could live, work, pray together and help each other to serve the young boys. This environment contributed to helping the boys to feel as if in a family, “to give a family to the one who has none”, and prepared the young boys to behave respectfully, to welcome, and to host; all irreplaceable prerequisites for building a family.

3. Here the “Congregation of the Holy Family of Nazareth” was born. Inspired by the model of the Holy Family Priests and lay people formed a group who dedicated their whole life to the service of God and the young boys. The Holy Family inspired them to live like brothers, which demands—as Father Piamarta would say-- “patience, charity, cordiality, treating each other affably, and abounding in sweetness towards each other. This Spirit has to penetrate deeply into the heart of our Holy Institution”. The result was a stable family destined to renew and continue his work for a long time.

4. Thus, the Holy Family became “The Family for the families”; whether for the religious one, or for the one for the boys, or for that one which the boys would someday build.

5. A family cannot lack the feminine element. With Mother Elisa Bardo Father Piamarta founded the “Auxiliaries of the Holy Family” who would take the name “Humble servants of the Lord”. This congregation was an irreplaceable support to Piamarta's work for many decades and to it goes the full gratitude of Father Piamarta sons.

6. The model chosen therefore was the Holy Family of Nazareth. The reference to Nazareth was not a accidental one. Nazareth is the place where work was sanctified, because the Son of God worked manually there. If the cultural exaltation of work is necessary to rediscover its inherent dignity, potentiality to build the person, contribution to society and progress, nevertheless, it is not sufficient to expunge its exhausting aspect, strain and the disappointment that go with it. The gaze to Nazareth helps put work in the right perspective as participation in the redemptive labor of the Holy Family. The one who works and sweats with Jesus will not lose his reward.

7. Father Piamarta's invitation was and continues to be to go spiritually to Nazareth to discover the virtue of the daily job. For the one who looks to Nazareth the darkness of the daily grind is lightened and gains a new dimension. In Nazareth, far from the spotlight, the Son of God grew. In the monotony of the daily work we are invited to discover the Son of God who desires to grow in us, to have light and peace and to bring light and peace.


Traduzione a cura di Mary Levine e Matteo Toschi 

394 - IL FATICOSO PERCORSO DI UN SANTO


Lettura dell'opera

Una luce intensa, bianca, mistica, pura che illumina il faticoso percorso di un santo fatto di privazioni, rinunce e profonde ferite. Un percorso fatto nel nome di Dio.

Autore dell'opera: Domenico Gabbia

venerdì 18 dicembre 2015

393 - PADRE PIAMARTA SACERDOTE

MARIO TREBESCHI  (SECONDA PARTE)   vai all'inizio dell'articolo post 373

Religiosità di padre Piamarta
 
Il fondamento dell’azione apostolica del Piamarta era la sua intensa vita interiore. Egli si prefiggeva seri propositi di miglioramento interiore, specialmente negli esercizi spirituali. Scriveva: «Voglio salvare l’anima mia, voglio farmi santo sacerdote. Per ottenere questa grazia dal mio caro Gesù e Salvatore, mi fornirò di un grande spirito di preghiera» (esercizi spirituali, 17 aprile 1872); «Mi studierò di divenire umile e perciò di non parlare mai di me stesso, né in bene né in male. Starò sempre alla sua divina presenza, combatterò da forte sotto lo stendardo del mio Signore e Re Gesù Cristo» (esercizi spirituali, 9 settembre 1877).
Il Piamarta dedicava molto tempo alla preghiera. Egli diceva a madre Elisa Baldo, la cofondatrice della famiglia religiosa delle Umili Serve del Signore, che se non dedicava due o tre ore all’orazione al mattino non poteva portare il peso che il buon Dio gli aveva imposto48. Al mattino rimaneva in chiesa fino alle otto; dopo una lunga preparazione, celebrava la messa ai ragazzi e si dedicava alla confessione. Alla sera replicava con altro tempo di preghiera, anche fino a mezzanotte. Questo continuo contatto con Dio gli dava un aspetto esteriore di gravità meditativa.
La preghiera trovava nutrimento nei tempi liturgici. Il Piamarta aveva in grande considerazione la festa del Natale, poiché la famiglia di Nazareth è esempio di umiltà, di amore, solidarietà, laboriosità, virtù che venivano praticate nella sua comunità religiosa dei padri e delle suore e nella scuola e nel lavoro dei ragazzi. Nel tempo di Quaresima esortava a meditare almeno per una buona mezz’ora la passione di Cristo. Celebrava solennemente la festa della Pentecoste e credeva fermamente all’influsso dello Spirito Santo nella vita della Chiesa e nella santificazione delle anime. Ogni festa,
al mattino, prima all’oratorio di Sant’Alessandro e poi agli Artigianelli, premetteva alla messa il canto dell’ufficio della Madonna; alla sera faceva cantare il vespro. Egli, che amava il canto fin da ragazzo, sceglieva i canti più adatti alla liturgia e si avvaleva della collaborazione di maestri di canto.
Il Piamarta esercitava le devozioni proprie del suo tempo, raccomandate anche dai documenti pontifici. Era devoto del Sacro Cuore. La fondazione dell’istituto Artigianelli era avvenuta il 3 dicembre 1886, primo venerdì del mese, giorno in cui si venera il Sacro Cuore. Il Piamarta dedicava la prima domenica delmese al Sacro Cuore, invitando la comunità alla comunione riparatrice. Fece consacrare la comunità al Sacro Cuore dal vescovo comboniano mons. Antonio Maria Roveggio, alla fine del XIX secolo, come era stato voluto dal papa per la Chiesa in occasione dell’anno santo del 1900.
Il Piamarta curava la devozione alla Madonna, le cui feste celebrava con grande pietà. Il mese di maggio riusciva sempre ben partecipato in istituto. La prima domenica di ottobre era dedicata al santo rosario, la seconda alla maternità di Maria, la terza alla purità e al patrocinio di Maria. Il Piamarta celebrava la festa della Presentazione al tempio, 21 novembre, come festa propria della comunità: la terza domenica di ottobre si recava in pellegrinaggio con i ragazzi alla chiesetta dedicata a questo mistero, sopra i ronchi di Brescia, che egli frequentava dai tempi di Sant’Alessandro. Nella chiesa dell’istituto fece erigere l’altare delle apparizioni di Lourdes: in questa cappella egli rimaneva raccolto in preghiera fino ad ora tarda. Egli praticava anche le devozioni personali mariane: nel mese di ottobre recitava il rosario intero; ogni sabato, giorno dedicato alla Madonna, si asteneva dalla frutta, faceva penitenza in occasione delle feste della Madonna. Anche l’esempio della Santa Famiglia era tenuto in grande considerazione, perché era proposto a ideale dell’istituto e della famiglia religiosa da lui fondata, che ne aveva il titolo. Anche i santi entrano nella devozione del Piamarta. Egli cominciò ad onorare Filippo Neri, il santo tipico della gioventù oratoriana, all’oratorio
di San Tommaso, dove c’era una pala del santo. All’istituto, in occasione della festa di San Filippo, celebrata solennemente, si teneva un’accademia, che iniziava con un panegirico, nel quale un giovane tesseva le lodi del santo, a cui seguivano declamazioni dei giovani e canti. San Filippo era il santo proprio dell’educatore degli Artigainelli, che deve stare sempre con i ragazzi, con umiltà, disponibilità e attesa fiduciosa ed era l’esempio della premura educativa per tutto il personale dell’istituto. Altri santi sono venerati dal Piamarta. Santa Teresa è l’esempio di orazione, non fine a se stessa, ma per ottenere l’unione con Dio, e per produrre opere di carità; sant’Ignazio insegna a mettere in ogni attività industria e sapienza, confidando in Dio, come se nulla dipendesse da noi, lasciando a lui i risultati delle opere. Nel suo testamento, il Piamarta lasciò scritta la massima di sant’Ignazio: «Noi dobbiamo governarci in ogni cosa e contingenza, con accorto e prudente discernimento come se tutto dipendesse dalla esclusiva nostra industria e accorgimento, e poi dobbiamo in tutto per tutto confidare in Dio, come se nulla noi avessimo fatto». Francesco Saverio è il santo delle missioni, nel cui giorno è iniziato l’istituto, 3 dicembre, esempio ai giovani per portare nella società pagana il regno di Dio. Sant’Isidoro agricoltore, patrono della Colonia Agricola di Remedello, è il simbolo di ogni lavoratore che unisce alla pietà verso Dio la capacità di lavoro. Francesco di Sales è modello delle virtù della vita religiosa e di ogni direttore spirituale, che conduce
le anime con fortezza e soavità. Il Piamarta nei suoi scritti cita altri santi: Luigi Gonzaga, Caterina Farnese, Alfonso Maria de’ Liguori. I santi del Piamarta non sono ricordati semplicemente per devozione, ma perché sono modelli per le attività apostoliche, essendo stati efficaci nel loro tempo, cambiando in meglio situazioni difficili, con una santità incarnata nell’azione. Sono santi che operarono per la riforma cattolica, agli inizi dell’era moderna, e quindi sono esempio di industriosità per chi si occupa della riforma della gioventù lavoratrice.
Il senso religioso del Piamarta si manifesta anche nella predicazione ai giovani. Don Giovanni non era un oratore, però sapeva suscitare sentimenti di genuino affetto verso Dio. Aveva buona capacità espositiva. La sua oratoria seguiva la pienezza del cuore, ed era viva e sentita, anche se non esteriormente solenne. Predicava convinto e risultava convincente, e sapeva attrarre i ragazzi all’ascolto. «Ciò proveniva da un temperamento tendente all’immaginifico, al grandioso, all’emozionato ed emozionante della sua spiritualità generatrice di una profonda impressione, che non si dimenticava neanche a distanza di anni.
Non aveva manifestazioni esterne solenni o caratteristiche, eppure ci si accorgeva che tutto ilmovimento impresso alle sue opere e lasciato in inconscia eredità ai suoi figli, dipendeva dalla sua interiorità: ariosità, grandezza, vasti orizzonti, mobilità, vita». Nella predicazione egli non si affidava ai predicabili: le sue fonti erano la scrittura, specialmente i fatti dell’Antico Testamento, il Vangelo e san Paolo (i seminaristi lo chiamavano «S. Paolo»), l’agiografia. Egli sapeva far gustare ai ragazzi i fatti religiosi con un linguaggio adatto: amava raccontare, con uno stile attraente e semplice, per richiamare gli esempi dei santi e proporli all’imitazione. A un chierico che si esercitava per la prima volta nella predicazione e si lamentava di aver dimenticato delle frasi eleganti per la predicazione, diceva di non pensare alle frasi eleganti, ma di prepararsi a riflettere su ciò che occorreva dire e, prima di salire sul pulpito, di pregare, e poi di predicare con fede, con semplicità, con dottrina, con carità, e anche con forza.

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