LA PRESENZA DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH NEL MONDO

domenica 26 aprile 2015

372 - 26 APRILE


371 - RITRATTO CON TRICORNO

45. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano Cabra

In occasione del XXV dell’Istituto, sono stato costretto a posare per il ritratto fotografico di gruppo, assieme agli alunni. Detesto questa moda di fotografare e di farsi fotografare. Mi dicono che è per ricordare e per documentare. Mi sollecitano di accettare per far piacere ai ragazzi che porteranno con sé questo bel ricordo della loro giovinezza. Ho ceduto per accontentare i ragazzi. Quanto alla documentazione ho dei dubbi: le cose del passato si guardano con curiosità e subito annoiano, quando non fanno sorridere. Quanto poi al mio ritratto non vi vedo che un vecchio dal volto scavato dalle rughe, affaticato come avesse fatto chissà che cosa, sul quale troneggia, unico segno di vera nobiltà, il mio immancabile tricorno, la tradizionale berretta del sacerdote cattolico. Che vale tramandare le sembianze che fra poco tempo saranno disfatte dalla morte? Non sarebbe meglio tramandare il ritratto dell’uomo eterno che c’è dentro di noi, frutto dell’azione dello Spirito e della corrispondenza umana?

Ciò che non è eterno è nulla

Ho l’impressione che l’interesse crescente per il mondo delle immagini, stia contribuendo a capovolgere i valori. L’immagine ha a che fare con l’apparire, il desiderio di farsi conoscere, ma rischia di far trascurare la sostanza delle cose, la coltivazione di ciò che resta, di ciò che non passa. Ora che mi sento vicino al grande viaggio, trovo sempre più vera l’affermazione dei santi: “Ciò che non è eterno è nulla”. “Che vale guadagnare il mondo intero, se poi perdo l’anima”, perdere ciò che resta di me? Mi dicono che penso troppo alla vita eterna, che dobbiamo pur vivere questa vita.Eppure sono convinto che più si pensa alla vita eterna, più si vive con intensità questa vita.Io non fuggo la vita, anzi la amo, per me e per gli altri. Per questo desidero che quelli che hanno una vita stentata, abbiano la possibilità di viverla più umanamente. Se io so che la mia dedizione ha una valenza positiva eterna, perché il Signore dirà “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare”, allora mi dedicherò con tutte le forze a diminuire la fame dei miei fratelli, anche perché ciò resta agli occhi di Dio. E continuerò anche quando non trovo né corrispondenza né gratitudine, perché so che quello che faccio piace al mio Signore che non dimentica. Quante vanità ho visto emergere, imporsi, esaltarsi ed esaltare e poi finire miseramente. Quante vite nascoste, laboriose, oneste, per nulla appariscenti, brillano come astri lucenti nel firmamento eterno! Quanta grandezza umana tramontata più o meno drammaticamente e quanta povertà che entra ricca in Paradiso!

Il mio tricorno

Di quello che appare dal mio ritratto è più facile che resti il mio tricorno che le mie sembianze. Onore dunque al mio tricorno. Ma per poco perché anche lui passerà. “Vanità delle vanità, tutto è vanità”, dice l’Ecclesiaste, “tranne che amare Dio e a Lui solo servire”, aggiunge l’aureo libretto dell’Imitazione di Cristo. Non mi resta che amare Lui e i fratelli, per salvarmi dalla infinita vanità del tutto. E così posso pensare che se ho fatto la fotografia di gruppo per amore dei ragazzi, mi sono salvato dalle vanità! Che grande cosa è l’amore: salva ogni cosa! Caro tricorno, non pensiamoci più e siamo lieti d’essere fotografati con i nostri ragazzi.

giovedì 9 aprile 2015

370 - COLONIA AGRICOLA DI REMEDELLO SOPRA (BS)


SULLE ORME DI SAN GIOVANNI PIAMARTA
[La condivisione dei Carismi e il luogo del ritorno alla casa del Padre]

«Piamarta aveva ricevuto una cospicua eredità dalla contessa Gigli, vedova Tavelli, a Pavone Mella. Decide di alienare tale eredità e di acquistare un fondo in quel di Remedello Sopra, un paese a 35 chilometri da Brescia, in piena pianura padana, a una quindicina di chilometri da Pavone Mella. L’acquisto del podere, di 144 ettari, è fatto il 5 febbraio 1895. Quattro giorni dopo, il 9 febbraio, con “istrumento” redatto dall’avvocato Giuseppe Tovini, si costituisce una società anonima tra Padre Piamarta, don Bonsignori e don Bonini per una Colonia Agricola Bresciana. La costituzione della società anonima è interamente opera del Piamarta, che ne sostiene poi anche tutto l’onere per la bonifica e la trasformazione. Bonsignori vi apporta la sua competenza». P.G. Cabra, Piamarta.

Guida. Nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo.

Assemblea: Amen.

Guida. 
Remedello è il luogo dove è nata la Colonia Agricola, frutto della condivisione del carisma educativo di p. Piamarta e delle competenze di don Giovanni Bonsignori. Giovanni Piamarta amava la Chiesa, e credeva che Dio dona ad ogni uomo dei carismi che domandano di essere messi in comune per l’edificazione dei fratelli. In questo luogo vogliamo chiedere a Dio che i nostri carismi non diventino fonte di orgoglio, prepotenza e divisione, ma siano un’opportunità per creare luoghi di comunione e di formazione, come li ha sognati Padre Piamarta.

Dalla Prima lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi (12, 12-25)
Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spiritoin un solo corpo, Giudeio Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre.

Parola di Dio

Rendiamo grazie a Dio

Dagli scritti di san Giovanni Piamarta
«Ogni ordine religioso ha il suo spirito, il suo carisma. Se non fosse così anche se sono belle le regole che possiede, non sarebbero sufficienti a tenerlo vivo. Sarebbero, questi ordini religiosi, come una statua o come un cadavere: sarebbero morti».

«Dai notes di P. Piamarta»
«Il nostro carisma è sorto per la salvezza spirituale e materiale della povera gioventù, lo Spirito ci vuole carichi di “pazienza, di amorevolezza, di cordialità”. Ma useremo queste virtù in favore della gioventù solo se prima, tra noi, saremo affabili, graziosi, se avremo il miele sulle labbra, la carità nel cuore, se ci ameremo, se ci aiuteremo vicendevolmente, se saremo sovrabbondanti nella dolcezza». «Dai notes di P. Piamarta»

Preghiamo
Ti benediciamo, o Padre, perché ci doni la grazia di visitare il luogo che ricorda la collaborazione carismatica di due tuoi discepoli, per il servizio alla Chiesa e all’educazione dei giovani. Ti chiediamo, per intercessione di San Giovanni Piamarta, l’umiltà e il coraggio di saper condividere i doni del tuo Spirto, per poter collaborare a costruire un mondo più giusto e più fraterno, secondo il progetto di Gesù Cristo tuo figlio e nostro Signore, che vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli.

Tutti. Amen

Guida: Padre Nostro…

Guida: Benediciamo il Signore

Tutti: Rendiamo Grazie a Dio

369 - ORAÇÃO


368 - LA MIA EREDITA’

44. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano Cabra

Ho lasciato la Parrocchia, per dedicarmi ai giovani, a 45 anni, un’età nella quale abitualmente si lasciano i giovani per assumere un lavoro meno movimentato. Mi è dispiaciuto abbandonarla e qualche volta sento nostalgia per quella vita più normale per un prete, con un programma più prevedibile, dove si sa quello che si deve fare e dove, se ci si dona, ci sono tante belle soddisfazioni.  

In parrocchia 

Posso dire di non aver risparmiato energie ed entusiasmo là dove sono stato inviato. Celebrata la prima Messa il giorno di Natale del 1865 a Bedizzole dove era parroco il mio benefattore e guida don Pezzana, il giorno dopo mi sono portato a Carzago Riviera, un piccolo paese di 500 abitanti, come aiutante al parroco. Qui mi sono dedicato alla Dottrina cristiana, al confessionale e alla cura degli infermi. Per me, che venivo dalla città, l’immettermi nei limitati orizzonti di una vita contadina, di “un piccolo borgo antico”, ha creato non pochi disagi iniziali, che ho superato dedicandomi ai giovani. Dopo l’esperienza di curato a Bedizzole, ho seguito don Pezzana quando è stato destinato all’importante parrocchia Sant’Alessandro in città, dove ho potuto dare origine ad un oratorio assai frequentato e stimato. Quanti giovani sono passati nel nostro oratorio e quante persone ho potuto avvicinare, grazie al contatto con le famiglie, la visita agli ammalati, la direzione spirituale, le belle funzioni religiose! E poi l’esperienza inattesa ma intensa di parroco a Pavone Mella, dove, dopo alcune difficoltà iniziali, mi sono trovato a mio agio. La vita di parrocchia mi si confaceva e mi dava anche delle soddisfazioni sacerdotali e umane.. Tuttavia noi non siamo chiamati tanto a cercare soddisfazioni, quanto a rispondere alle nostre vocazioni. E la mia vocazione era quella di pensare ai ragazzi bisognosi di tutto. Questa vocazione si è delineata subito, fin dai primi tempi del mio ministero, quando ho notato l’emorragia dei giovani dalle nostre parrocchie di campagna dovuta all’emigrazione e all’inurbamento e poi, una volta in città, al pratico abbandono di chi non aveva punti di appoggio. Senza contare quei ragazzi svegli e capaci, che dovevano accontentarsi di un lavoro miserello, quando, con un poco di istruzione, avrebbero potuto realizzarsi e formarsi una buona famiglia.  

Un nuovo stile di vita

Ho dovuto inventarmi così un nuovo stile di vita, in parte assai simile a quello dei laici i quali devono portare avanti la famiglia, facendo non pochi sacrifici e che, contemporaneamente devono pensare all’educazione dei figli. Mi sono accorto che queste occupazioni possono portare lontano dal Signore, se ci assorbono totalmente. Mentre possono avvicinarci più sicuramente a lui, se vissute come servizio a Dio nei suoi figli. C’è una santità nel servizio e del servizio che appare meno affascinante di quella dell’andare direttamente a Dio. Forse la linea diretta verso Dio è stata teorizzata più compiutamente, perché chi vi si dedicava aveva più tempo a disposizione. Per noi, badilanti del servizio, resta poco tempo per belle costruzioni di teoria spirituale. L’eredità che vorrei lasciare ai miei continuatori è quella di mettere al centro i giovani, specie se poveri e abbandonati, a preferenza dei propri gusti personali. E vivere in mezzo a loro. Non conosco metodo educativo più efficace del condividere la vita dei ragazzi, dedicare tempo a loro, lo stare assieme a loro e accanto a loro, sia che corrispondano, sia che recalcitrino. E’ una vita che tiene giovani, anche perché esige di rinnovare ogni giorno la giovinezza spirituale. Non diciamo ogni giorno “Mi accosterò all’altare di Dio, a Dio che rende lieta la mia giovinezza”?

 
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