LA PRESENZA DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH NEL MONDO

sabato 20 luglio 2013

298 - VOCAZIONE? UN NUOVO CAMMINO

Giovanni Battista Piamarta: una vita per i giovani di Gabriele Filippini

Fra il parroco e Giovanni Battista inizia un colloquio che diventa presto un bel rapporto educativo, fino a quando il parroco, pesato per bene la stoffa del ragazzo, gli fa una proposta: “potresti mettere le tue qualità al servizio del Signore... per fare il bene a tanti... facendoti prete...”
Il seme è gettato e il terreno è buono. Giovanni Battista, infatti, non nega di sentirsi attratto dalla vita sacerdotale ma con altrettanta sincerità espone difficoltà oggettive: la salute che non è di ferro e inoltre per diventare prete bisogna studiare anni e gli studi sono costosi. Come potrà permetterselo la sua famiglia?
Per don Pezzana, rassicurato dalla conferma sulla vocazione, il problema è superabile: la salute può essere rafforzata e lui, già professore di grammatica nell' Imperial Regio Ginnasio della città e di storia e geografia in Seminario gli fa da insegnante e i libri può reperirli facilmente. Inoltre trova una benefattrice disposta a pagare con regolarità gli studi.
 
Un nuovo cammino
 
La sua esperienza seminaristica inizia nel 1860, quando ha 19 anni. É fra il numero dei chierici esterni, vale a dire fra quelli che, non potendo pagare la retta intera, frequentano le lezioni e tornano, poi, alla propria casa e parrocchia. L'anno precedente però, quqndo il giovane Piamarta è diciottenne e frequenta ancora la scuola statale seguito da don Pezzana, un significativo e triste avvenimento lo coinvolge come infermiere permettendogli di vivere una forma di volontariato assistenziale ante litteram. Infatti la storica battaglia di San Martino e Solferino fra Austriaci e Piemontesi riversa su Brescia un numero considerevole di feriti: per loro si spalancano le porte di conventi, chiese e scuole. Fra i volontari che curano gli sfortunati soldati c'è anche Giovanni Battista Piamarta che non si risparmia, con convinzione, carità e generosità. Una esperienza che lo segna profondamente e contribuisce a rafforzarlo nella sua vocazione al servizio e a fare il bene agli altri.
Gli anni del Seminario volano via, scanditi dalle classiche tappe che allora conducevano alla desiderata meta dell'ordinazione sacerdotale: gli ordini minori e gli ordini maggiori.
Giovanni Battista Piamarta diventa suddiacono il 17 dicembre 1864 e il 10 giugno del 1865 diventa diacono.
Ma il tempo del Seminario è scandito pure dagli esami: il chierico Piamarta non brilla per voti alti da primo della classe. É piuttosto sul sufficiente e discreto. Ma non è per pigrizia. Anzi: è uno sgobbone e ce la mette tutta. Sul suo rendimento pesa piuttosto la mancanza di una formazione scolastica di base dovuta al ceto sociale delle sue origini e alla istruzione privata fatta in fretta dal pur capace e generoso parroco di Vallio.
Ma in Seminario un altro aspetto mette alla prova il candidato al sacerdozio, forgiandone la personalità e il carattere oltre che il cuore di un pastore: il discernimento. Anche Giovanni Battista Piamarta, come tutti i giovani chiamati, passa attraverso i giorni difficili del dubbio e dei pensieri pessimisti: primo fra tutti quello sulla propria indegnità a diventare ministro del Signore. Si sente povero e inadeguato e pensa che altri giovani sono migliori di lui.
E poi l'altro dubbio: il celibato. Il giovane Piamarta si domanda se gli sarà possibile rinunciare per sempre a formare una famiglia con una ragazza che potrebbe incontrare e capire che è adatta a lui.
Piamarta affronta questo interrogativo con il suo padre spirituale. Ma, come confida lui stesso nei suoi scritti, è un colloquio schietto e confidenziale con don Pezzana che gli fa capire che si tratta di “rinunciare all'amore per l'Amore” e che vale la pena rinunciare al nostro piccolo tutto per quel grande Tutto che è Dio. Piamarta è convinto e, sono parole sue, si “sente libero e gli sembra di volare”.
E infatti, da diacono, spicca l'ultimo volo verso il sacerdozio sereno e lieto, confortato anche dalla ammirazione per un Santo che lo ha particolarmente colpito: San Filippo Neri, il santo della gioia e della innata simpatia per i giovani.
 

297 - "CUPA SOLITUDINE"

 
 
Lettura dell'opera
 
Un piccolo bozzetto come testimonianza all'opera di padre Piamarta pensando ai bambini, ai giovani, tanti, troppi che in tutti i tempi hanno sofferto violenza, miseria, cupa solitudine. Su questi dolori e ingiustizie è calata confortevole e fattiva la carità di padre Giovanni Piamarta.
 
Autore dell'opera: Carlo Pescatori


296 - I NUOVI FABBRICATI DELLA COLONIA AGRICOLA

27. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano Cabra

In questi giorni l’architetto Arcioni, il progettista del grande fabbricato e della chiesa degli Artigianelli, mi ha consegnato i disegni del nuovo fabbricato per la Colonia Agricola di Remedello. Mi piace molto: portici spaziosi per tutti e tre i piani, in modo da permettere la ricreazione anche quando piove. Appena potrò, mi recherò a Remedello per parlarne con la comunità, prima di dare il via ai lavori.

Un’opera impegnativa

La Colonia agricola di Remedello, tanto stimata, non è mai stata un’attività facile da condurre. Fin dall’inizio ha richiesto un forte investimento di capitali per l’acquisto del fondo. Subito dopo il Bonsignori, geniale innovatore e studioso apprezzato, ha richiesto notevoli somme per dimostrare in breve tempo “i miracoli della nuova , egli ha potuto moltiplicare per tre o per quattro la produzione.agricoltura” e la possibilità di avere l’“America in Italia”. Grazie alla coltivazione intensiva e razionale.
La Colonia agricola è stata una grande opera sociale, che tuttavia è pesata sulle nostre traballanti finanze, dato che il ritorno degli investimenti è stato meno rapido del previsto. Io mi sono trovato fra i due fuochi della progettualità del Bonsignori e del rigore dell’Amministrazione. Ho dovuto mediare tra l’entusiasmo dello sperimentatore e l’eloquenza del bilancio dell’amministratore.

Quale educazione

Fin dall’inizio avevo affiancato a Padre Bonsignori un coltissimo sacerdote della diocesi di Brescia, don Bainzini, che doveva provvedere alla formazione spirituale dei giovani. Ma ben presto don Bainzini si mise a contestare l’indirizzo formativo del Bonsignori, obbligandomi a difendere il sacerdote agronomo dall’accusa di parlare più dei fosfati che di Gesù Cristo. Ho tentato in tutti i modi di far comprendere al colto sacerdote che l’avevo messo accanto al Bonsignori, appunto per la formazione religiosa. Da una parte il prete scienziato avrebbe insegnato come coltivare i campi,dall’altra don Bainzini avrebbe dovuto insegnare come coltivare la propria anima.
Niente da fare: la questione si è risolta quando ho potuto inviare un nostro Padre.
La nostra educazione comprende i due aspetti, quello tecnico e quello spirituale. Ogni visione unilaterale è chiaramente parziale. Anche per questo mi sono deciso a formare personalmente i collaboratori e i continuatori delle nostre opere, che abbisognano di essere condotte con uno spirito particolare e ben assimilato. Un altro problema è stata la presenza di due tipi di alunni:i figli dei proprietari di grossi fondi e gli orfani o figli di piccoli contadini. Solo la paziente opera educativa del Padre Bonini ha saputo farli convivere serenamente

 La Famiglia agricola

Pure l’eccellente periodico, La Famiglia agricola, con una buona diffusione anche tra il clero, non ha sempre avuta una vita facile. Qualcuno si lamentava che la parola del Bonsignori avesse talvolta sostituito il Vangelo, in quanto alcuni parroci, durante l’omelia, davano consigli sulla coltivazione dei campi, lasciando in ombra la Parola di Dio e citando più il Bonsignori che Matteo o Luca. Questo fatto dice il prestigio del direttore di Remedello, ma anche la difficoltà a tenere in equilibrio il come riempire contemporaneamente i granai di quaggiù e quelli di lassù.

Una presenza costante

La Colonia agricola ha richiesto una mia presenza costante, specie per potenziare momenti di formazione spirituale dei giovani. Mentre il Bonsignori sviluppava la sua attività di “apostolo della nuova agricoltura”, occorreva chi facesse la parte degli apostoli del Vangelo eterno. Il che, grazie al cielo, ha permesso di formare agricoltori stimati come produttori e come cristiani. L’educazione integrale: che bel programma, ma che fatica!
 

venerdì 19 luglio 2013

295 - CHI L'HA CONOSCIUTO HA DETTO DI LUI

"Primo incontro con padre Piamarta" di Pier Giordano Cabra

"Quali prodigi di carità, di prudenza, di destrezza, di zelo veramente cristiano, Padre Giovanni Piamarta ci ha mostrato nel corso di mezzo secolo di vita operosa. Egli è il sacerdote che richiedono i tempi nuovi. Non curante di sé, solo inteso al bene altrui, senza distinzione specialmente della gioventù. Alieno alle lotte di parte e politiche, pronto a stendere le mani amiche a quanti amano il bene, a dimenticare le offese e vendicarsi con i benefici. Nacque povero, visse povero, e povero ha valicato i settant'anni. Con raro esempio, raccolse le simpatie e l'affetto di tutti. Quanti giovani ha ricondotto sulla retta via! Quanti genitori ha consolati, restituendo loro i figli, riabilitati con il lavoro e con la pietà cristiana".
(Mons. Geremia Bonomelli)
 

Il cuore di P. Piamarta non si esaurì nella ricerca dei fanciulli: era troppo grande per non vibrare accanto a tutte le speranze e a tutto il valore degli uomini. Per gli erranti Egli fu il Padre che incarna in sé la bontà e la misericordia del Signore. Padre Piamarta è uno di quegli uomini che lasciano per i secoli un crescente patrimonio di bene e che ha insegnato a me e a tutti una lezione molto importante, questa: che mentre le campane suonano il tramonto su tutte le grandezze, su di una sola, la santità, continuano il loro canto di gloria".
(Mons. Egidio Melchiorri)
 

"Ho sempre ammirato la sconfinata carità del Padre Piamarta e mi sono sempre stupito come un'anima semplice com'era quella del Padre, fosse illuminata da una chiarezza e profondità di vedute, superiore ad ogni cultura".
(Avv. Marco Trabucchi)
 

294 - COLLABORATORE DI DIO

 
 
Lettura dell'opera
 
Dio invita l'uomo a collaborare con Lui nel completamento della creazione mediante il lavoro, guidato da intelligenza, sapienza, costanza, seppure nella fatica. Padre Piamarta si fa interprete e promotore del significato cristiano del lavoro preparando "i collaboratori di Dio" nelle scuole e nelle "officine" da lui fondate.
 
Autore dell'opera: Luigi Bertoli


293 - INFANZIA E GIOVINEZZA

Giovanni Battista Piamarta: una vita per i giovani di Gabriele Filippini
 
Giovanni cresce bene: vivace, allegro, loquace e svelto nel percorrere in lungo e in largo i vicoli al di là e al di qua del Garza. Né mancano le occasioni per unirsi a qualche gruppo di monelli di quartiere per tramare qualche scherzo o dispetto e poi filare via come sassi lanciati dalle loro fionde...
Sono anche anni caldi per Brescia, la Leonessa d'Italia, delle Dieci giornate di lotta contro l'Austria. Nella città lombarda, come in tante altre città d'Italia si respira l'aria del Risorgimento. E anche i ragazzini nei loro giochi non mancano di battagliare e sognare eroiche azioni.
Ma sul piccolo Giovanni vigila mamma Regina: lo corregge, lo riprende, cerca di smussare le angolosità di un carattere che va formandosi: cerca di renderlo meno testardo, meno iracondo e infiammabile per poco come un cerino, nella coscienza concreta che la pianticella si raddrizza all'inizio, oppure cresce storta. Soprattutto lo porta frequentemente con sé in chiesa dove anche lui comincia a sentirsi bene come a casa propria. I preti di San Faustino si accorgono della sua bella voce e lo inseriscono nel coro parrocchiale dove fa anche da solista.
La mamma cura la sua formazione ma cerca anche di mitigare i disagi della povertà a cominciare dalla confezione di grosse maglie di lana per supplire la mancanza di giacca per l'inverno. Ma questa dolce presenza se ne va presto: Regina muore a soli 41 anni.

Giovanni, che ha appena nove anni, esperimenta la tristezza dell'essere orfano. Il papà, a causa del lavoro di barbiere e dell'abitudine a sostare in osteria, non riesce a fare più di tanto per i figli. Per fortuna c'è il nonno materno: la sua figura patriarcale attira il piccolo Piamarta, non solo perché da lui riceve le attenzioni che erano di mamma Regina, ma anche perché il nonno è un ottimo narratore di storie bibliche. Sera dopo sera i personaggi e i fatti della Sacra Scrittura vengono presentati con uno stile colorito e affascinante, attraente e convincente. Per Giovanni è una vera e propria cattedra che prepara il suo futuro di apprezzato predicatore e comunicatore della storia della salvezza. Ma non è solo l'affetto e il fascino fabulatorio del nonno a strappare Giovanni dal marciapiede nelle ore libere dalla scuola: c'è anche la bella esperienza dell'Oratorio di San Tommaso. Qui trova adulti catechisti che gli parlano di Dio, di Gesù e dei Santi e trova tanti amici coi quali giocare e divertirsi senza creare guai o mettersi nei guai.
Si accende in lui una vera e propria passione religiosa al punto che con un amico, un certo Franchini, decide un giorno di andare in Maddalena, un monte fuori porta della città di Brescia, con l'obiettivo di trovare le grotte degli eremiti che vivevano in solitudine con Dio. Trovarle per stabilirsi là. Ma il calare della sera fece calare a valle anche a due piccoli mistici fuggitivi, rientrando nel loro chiassoso quartiere popolare.

Intanto Giovanni Battista cresce. Vivace sì, ma anche con tanti segni di salute cagionevole. E il nonno si chiede cosa potrà fare da grande: è intelligente, agile, sognatore, ma non ha una salute di ferro. Scartata la bottega di barbiere del padre, già poco frequentata dai clienti, il saggio nonno indirizzò il nipote presso Zanolini, apprezzato materassaio della città. Il lavoro era quello di apprendista: dieci ore al giorno a totale disposizione, paga equivalente ad una mancetta della domenica, fatica tanta. Giovanni Battista ce la mette tutta e si fa ben volere dallo Zanolini. Ma la sua salute va deperendo: è pallido, immalinconito, deperito. Il materassaio che era uno di quei padroni con un po' di cuore si preoccupa del suo apprendista e gli viene un'idea: inviarlo dove l'aria è più salubre e dove può riposarsi e riprendersi. A sue spese lo indirizza a Vallio, una località che, alcuni decenni dopo, diventerà centro termale, in mezzo al verde del Colle di Sant'Eusebio che collega la Val Trompia e la Val Sabbia.

A Vallio Giovanni Battista fa lunghe passeggiate nei boschi, ricchi di facili e lunghi sentieri. Con facilità fraternizza anche con i ragazzi del luogo. Ma i suoi tragitti e i suoi orari prevedono sempre una tappa e una sosta che ritiene sempre più importante: la chiesa parrocchiale, dove nella solitudine può continuare il colloquio con quel Gesù, maestro e amico che aveva avuto modi di ben conoscere all'Oratorio San Tommaso e con quella Vergine Maria che mamma Regina in San Faustino gli indicava come la madre di tutti.
Il parroco di Vallio, don Pancrazio Pezzana, cui sfugge ben poco della vita della piccola comunità, si accorge subito di quel ragazzo di città, tanto socievole con gli altri quanto devoto e silenzioso davanti al Santissimo Sacramento.

292 - LA MIA GROTTA

26. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano Cabra

Ai due lati dell’altare maggiore, della mia amata chiesetta, ci sono due altari: quello di sinistra è dedicato a San Giuseppe, quello di destra è dedicato alla Madonna. Qui ho fatto riprodurre la grotta di Lourdes, con una bella statua dell’Immacolata, come è stata descritta da Bernardetta.
Il mio inginocchiatoio è posto davanti a questa grotta, in posizione tale che possa vedere contemporaneamente il Santissimo e la Madre sua. Qui passo le mie ore più belle.
 
I mesi di maggio    

In onore di Maria, ho predicato un considerevole numero di mesi di Maggio, con buona partecipazione, chiedendo e facendo anche dei sacrifici, come questo programma esigente: “Tutte le mattine ci troveremo alle quattro e un quarto: Messa, Rosario e poi quattro parole che non occuperanno un quarto d’ora, al più venti minuti. Sicché siate certi che alle cinque e un quarto sarete liberi per il compimento dei propri doveri”. Ho sempre coltivata con entusiasmo la devozione alla Madonna, per me, per la gente, per i miei ragazzi, convinto che con Lei non siamo mai soli, né in vita né in morte.

L’Immacolata
 
“Dobbiamo considerare la festa dell’Immacolata quale festa della gioventù, perché parla al cuore di bellezza, di forza, di lotta, di vittoria”.
Per questo la preparo con una novena, dove cantiamo il “Tota pulchra”, “Tutta bella sei Maria”, canto che introduce alla comprensione della bellezza unica e sublime di Maria, ma anche della bellezza dell’anima in grazia di Dio, del fascino di un mondo tutto sfolgorante dello splendore divino che non tramonta, tanto diverso da quello dominato dai sensi e spesso travolto dall’istintualità sfrenata.
Maria è l’educatrice del cuore del giovane: lo attrae nel mondo delle realtà che non passano, lo aiuta nelle sue lotte, lo incoraggia nelle sue debolezze, gli sorride nelle sue vittorie.

Beati i puri di cuore

Per gustare le cose di Dio e per comprendere la vita cristiana, bisogna purificare il proprio cuore. Beati i puri di cuore perché vedranno Dio, dice il Vangelo. Noi nasciamo con il cuore in disordine, che va purificato con una attenta vigilanza.
La devozione alla Vergine Immacolata, la quale è stata preservata da questo disordine, aiuta il giovane a desiderare ciò che è bello e importante agli occhi di Dio e quindi a impegnarsi a purificare il proprio cuore dall’assedio di immagini equivoche e da non pochi detestabili modelli del mondo. Maria porta il giovane a perseguire un ideale di vita pulita, a gustare il fascino d’una vita elevata, ‘in salita’, non volgare.
L’educazione cristiana è forse l’unica voce che, oggi, si alza in questo settore: “una voce che grida nel deserto”, una voce che non riguarda solo un ideale di miglioramento personale, ma che interessa tutta la società.
Quanti disordini e sofferenze provoca nelle famiglie e nella società la mancanza del dominio di sé! E come può gustare le cose di Dio un cuore occupato e inquinato da tante cose che distraggono, seducono, stordiscono e deludono?

La mia preghiera

Quando prego il Rosario raccomando alla Vergine non solo me e i miei ragazzi, ma anche i miei collaboratori perché diano buon esempio nel dominio di sé. Tutti sanno come sono severo in questa materia. Confido nella loro attenta vigilanza, ma soprattutto nell’aiuto di Maria, che vuole i suoi figli “buoni e puri di cuore”.
 

giovedì 18 luglio 2013

291 - IL FABBRO FERRAIO

 
 
Lettura dell'opera

Tra i quindici mestieri introdotti da padre Piamarta nell'Istituto, la lavorazione del ferro occupa i primissimi posti. Con la scultura in ferro saldato che rappresenta
il fabbro si è inteso rendere omaggio alla fondazione.
 
Autore dell'opera: Vittorio Piotti


lunedì 15 luglio 2013

290 - QUEM O CONHECEU ASSIM FALOU DELE

Primeiro encontro com padre Piamarta - Pier Giordano Cabra

“Quais prodígios de caridade, de prudência, de sabedoria, de zelo verdadeiramente cristão, Padre João Piamarta nos mostrou no decorrer de meio século de vida laboriosa!
Ele é o sacerdote que requer os novos tempos, não preocupado consigo mesmo, entregue somente ao bem dos ouros sem distinção, especialmente pela juventude.
Viveu longe das lutas partidárias e políticas, pronto a estender as mãos amigas àqueles que amam o bem, a esquecer as ofensas e a retribuir com benefícios. Nasceu pobre, viveu pobre e pobre ultrapassou os setenta anos.
Com raro exemplo cativou a simpatia e o afeto de todos.
Quantos jovens reconduziu ao reto caminho!
Quantos pais consolou, devolvendo-lhes os seus filhos renovados pelo trabalho e pela piedade cristã!”.
                                                                                              (Mons. Geremia Bonomelli)
 
 
“O coração de Padre Piamarta não se conformou somente na procura das crianças: era demasiadamente grande para não vibrar ao lado de todas as esperanças e de todo o valor dos homens.
Para os errantes ele foi o padre que encarna em si a bondade e a misericórdia do Senhor. Padre Piamarta é um daqueles homens que deixam para os séculos um crescente patrimônio de bem e que ensinam a mim e a todos uma lição muito importante que é esta: enquanto os sinos anunciam o declinar de todas as grandezas, sobre uma só, a santidade, continuam o seu canto de glória”.
                                                                                                 (Mons. Egidio Melchiorri)

 
“Sempre admirei a infinita caridade do Padre Piamarta, e sempre fiquei maravilhado como uma alma simples, como era a do Padre, fosse iluminada por uma clareza de visão, superior a toda cultura”.
                                                                                               (Adv. Marco Trabucchi)
 

289 - L'AMBIENTE

Giovanni Battista Piamarta: una vita per i giovani di Gabriele Filippini

É il 26 novembre del 1841. Nel cuore della vecchia Brescia, nel quartiere popolare che gravita attorno alla chiesa dei Santi Faustino e Giovita, patroni della città, c'è il solito via vai e il chiasso di ogni giorno: lavandaie e conciatori animano la strada centrale solcata da un corso d'acqua, una roggia detta enfaticamente fiume Garza. Graziosi ponticelli collegano i due lati della via, resa vivace dalla presenza di commercianti, venditori ambulanti, bande di ragazzini che non conoscono certamente l'obbligo scolastico. Né mancano osterie e bettole.
Nella vecchia casa a più piani che sorge proprio di fronte alla chiesa dei Patroni, che è anche parrocchiale, nasce un bambino, figlio di Giuseppe Piamarta e di Regina Ferrari, sposati dal 1836,
Lui è il tipico buon uomo dedito alla sua attività di barbiere. Non disdegna, però, fra una barba rasata e un taglio di capelli, bere un bicchiere di vino. E quando i bicchieri sono tanti Giuseppe diventa intrattabile.
Regina, invece, è una donna dolce e forte, dai solidi principi morali e di una pratica religiosa convinta e assidua, decisa nell'educare bene i figli, senza troppo concedere ai capricci infantili.
Il neonato è battezzato il giorno dopo, 27 novembre, nella cappella che funge da battistero, a ridosso della chiesa. Il piccolo viene chiamato Giovanni Battista e il sacerdote celebrante è don Luigi Apollonio, grande educatore e benefattore della Brescia del tempo.
La casa dei coniugi Piamarta è allietata da cinque nascite, ma in una epoca di alta mortalità infantile, solo Giovanni Battista e Luigi Francesco, nato nel 1850, riescono a sopravvivere.
 

sabato 13 luglio 2013

288 - "IL SEME DEL LAVORO"

 
 
Lettura dell'opera
 
"Il seme del lavoro" vuole raffigurare l'importanza dell'opera svolta da padre Piamarta nella comunità bresciana. Il seme germoglia ed espande la sua luce intensa
sulla città che è avvolta in un cielo spirituale.
 
Autore dell'opera: Domenico Gabbia


287 - DEPOIS DE CEM ANOS

Primeiro encontro com padre Piamarta - Pier Giordano Cabra

Capítulo Décimo Primeiro

1.     Os santos não vivem somente em Deus, mas continuam  vivendo nas suas obras, nos seus ensinamentos, na memória daqueles que os conheceram, no coração dos beneficiados. Padre Piamarta deixou uma família religiosa que continua a obra dele, cultiva a sua memória, o torna vivo agindo segundo o seu espírito.

2.     No seu testamento tinha assegurado que acompanharia  os continuadores da sua obra “do seio de Jesus Bendito” e previa a “contínua e progressiva prosperidade” daquilo que havia iniciado.

3.     Depois de cem anos Padre. Piamarta continua atuante entre os jovens na Itália, no Brasil, no Chile, em Angola, no Moçambique, nos centros de acolhida, nos centros de formação profissional, na assistência aos “meninos de rua”, nos bairros mais pobres, nas escolas, nas paróquias, nos internatos. Sempre com os jovens e para os jovens. Sempre à luz do programa evangélico: “Tudo aquilo que fizestes a um destes pequeninos, foi a mim mesmo que o fizestes”.

     4. A marca característica de Padre Piamarta é perceptível pelo espírito de família e pela colaboração com os leigos. A sua Congregação é intitulada Santa Família de Nazareth e os seus componentes empenham-se em viver como família afrontando a educação como se faria numa boa família, com a necessária compreensão dos problemas dos meninos, mas também exigindo deles toda a sua colaboração cultivando o sentido da responsabilidade.

    5. A colaboração dos leigos é fruto da ampliação da família religiosa, que envolve nas suas diversas finalidades e competências, generosas energias, ex-alunos que praticam a “gratidão como máxima virtude”, corações sensíveis aos sofrimentos dos mais pobres, pessoas de visão ampla, convencidas de que a educação é a tarefa mais importante e decisiva do mundo de hoje.

  Por que você também não colabora com as obras de Padre Piamarta?

      6. Também a promoção da cultura cristã foi cultivada pela editora Queriniana, que contribuiu, com a sua abertura internacional, à renovação da espiritualidade e do pensamento teológico segundo o espírito do Concílio Vaticano II. As primeiríssimas obras do teólogo Ratzinger, atual papa, foram dadas a conhecer na Itália pela Queriniana.

       7. No dia 12 de outubro de 1997, a Igreja reconheceu oficialmente a vida santa e exemplar de Padre Piamarta, declarando-o Beato. O pobre garoto bresciano entrou rico no céu. O humilde padre foi exaltado pela Igreja e pela multidão jubilosa dos seus filhos. Aquele que se fatigou e sofreu, muitas vezes não compreendido, entra no grupo daqueles que podem ajudar a nós, que estamos em caminho, a fazer a nossa parte para tornar mais humana a vida dos jovens, na compreensão das suas dificuldades e da sua dignidade de filhos de Deus.

       8. Oremos:

      Ó Deus misericordioso que suscitastes no Bem aventurado Padre João Piamarta, sacerdote iluminado e fervoroso, a solicitude pela educação dos jovens à vida cristã, no trabalho, na família, na sociedade, concedei que pela sua intercessão possamos viver e agir no vosso amor providente de Pai para conseguirmos a bem-aventurança eterna. Por Cristo Nosso Senhor. Amém.
 

286 - SAN GIOVANNI BATTISTA PIAMARTA AL MEETING DI RIMINI - "FARE BENE IL BENE"

Giovanni Piamarta, che non a caso qualcuno definisce e proclama “amico dei giovani”, sarà ospite gradito dei “giovani” che affollerarmo Rimini dal 18 al 24 agosto per partecipare al tradizionale Meeting.
Piamarta arriverà sull’Adriatico col suo carico di simpatia e di impegni che la mostra “Fare bene il Bene”, allestita in occasione della sua Canonizzazione, ha proficuamente illustrato e spiegato. Proprio quella mostra, ulteriormente arricchita, grazie al Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, il cardinale Giuseppe Amato, avrà spazio e occasione di proporre la figura di San Piamarta alla luce del tema che il Meeting ha scelto come filo conduttore della sua proposta: “l’uomo”, anzi, “l'emergenza uomo”. Vale a dire, l’uomo nel suo bisogno di esistere come realtà unica ed irripetibile, l’uomo
nella irriducibilità del suo desiderio, l’uomo che sente che ciò da cui è definito e caratterizzato è la libertà.
 
Chi conosce la storia di Giovanni Battista Piamarta sa che egli è stato uomo libero e prete coraggioso: uomo libero, pronto a rischiare tutto ciò che possedeva per difendere il diritto dei “suoi ragazzi” di formarsi al lavoro e di avere pari diritti, per dare un volto agli emarginati e voce a chi non aveva la possibilità di far udire il suo lamento e il suo pensiero; prete coraggioso, pronto a perdonare, ad amare, ad accogliere, a distribuire misericordia e a regalare speranza, soprattutto pronto a testimoniare il Vangelo “da cui - scriveva nei suoi appunti - tutto deriva e tutto si espande”.
Padre Piamarta, che nell'oratorio aveva ricevuto la sua prima e sostanziale formazione, scelse quattro ragazzi della città più povera - “ragazzi di strada” -, si direbbe oggi  -  e diede vita ad un'opera - gli Artigianelli - che ancora adesso non smette di stupire. Avendo misurato i bisogni, Piamarta immaginò una “rivoluzione” fondata sul lavoro utile. A chi lo interrogava sul come fare, rispose: “Dobbiamo aiutare i ragazzi a diventare « buoni artigiani, dobbiamo regalare loro la possibilità di imparare un mestiere che li renda autonomi e indispensabili alla società”. Cioè, secondo i parametri a cui fa riferimento il prossimo Meeting di Rimini, “uomini veri e liberi”.

La mostra, che racconta la straordinaria esistenza di San Piamarta, senza altra pretesa se non quella di essere considerata un’utile testimonianza, se appena si vuole può
essere occasione di incontro e di confronto. Magari per scoprire, in sintonia con ciò che gli organizzatori del Meeting mettono a premessa della loro proposta, che “le differenze di cultura e di tradizioni sono solo l'espressione di modalità diverse con le quali ogni uomo, ma anche ogni popolo, ha utilizzato gli incontri che il destino e la storia gli hanno offerto, nel tentativo di affrontare la questione della vita e di dare risposta ragionevole a quel bisogno di verità e a quel desiderio di senso che è iscritto nel cuore di ciascuno”.
“Fare bene il Bene”, titolo della mostra che sarà portata a Rimini, sarà anche il modo “Piamartino” per dire ai giovani e alle migliaia di curiosi che aflolleranno i padiglioni del Meeting, che in fondo basta poco per costruire una buona “città per l’uomo”: basta “Fare bene il Bene”, cosi come lo ha fatto Giovanni Battista Piamarta, così come lo hanno fatto migliaia di santi e un’infinita schiera di uomini di buona volontà’.
La mostra, sulla base del progetto pensato e realizzato per celebrare la figura di San Giovanni Battista Piamarta in occasione della Canonizzazione e del primo centenario della morte, si compone di una quarantina di panelli, di materiali e supporto video, attraverso i quali vengono ricostruite in ordine cronologico le tappe salienti della sua vita.

 
La mostra sarà allestita negli spazi della fiera riminese e resterà aperta per tutta la durata del meeting. Martedì 20 agosto nel corso di una tavola rotonda pervista alle ore 11.15, la mostra sarà opportunamente spiegata. Alla tavola rotonda parteciperanno sua eminenza il card. Angelo Amato (prefetto della Congregazione per la causa dei Santi), padre Enzo Turriceni (Superiore generale della Congregazione piamartina), il professor Vincenzo Cova (Docente di Storia economica all’Università Cattolica di Milano), padre Rosino Gibellini (Direttore letterario dell'Editrice Queriniana) e il curatore professor Gabriele Archetti (dell'Università Cattolica di Milano).
 

sabato 6 luglio 2013

285 - "LE QUATTRO SCODELLE"

 
 
Lettura dell'opera
 
La carità operosa di padre Piamarta avvia i giovani a giorni giustificati dal lavoro.
 
Autore dell'opera: Oscar Di Prata


284 - CONTEMPLARE CON GIOIA QUESTO SANTO “PRETE”

Omelia del cardinale Angelo Amato nella celebrazione all'Istituto Artigianelli di Brescia - nel Centenario della nascita la cielo di San Piamarta - (1913 -2013).


(...) Quale fu il segreto dell'apostolato di questo sacerdote, dal temperamento sanguigno e dall'attività instancabile?
(...) Il giorno della sua canonizzazione, il 21 ottobre 2012, Papa Benedetto XVI affermava: «Il segreto della sua intensa ed operosa vita sta nelle lunghe ore che egli dedicava alla preghiera. Quando era oberato di lavoro, aumentava il tempo per l’incontro, cuore a cuore, con il Signore. Preferiva le soste davanti al Santissimo Sacramento, meditando la passione, morte e resurrezione di Cristo, per attingere forza
spirituale e ripartire alla conquista del cuore della gente, specie dei giovani, per ricondurli alle sorgenti della vita con sempre nuove iniziative pastorali».

Come tutti i giusti, anche Padre Piamarta viveva di fede. (...) Egli aveva un cuore sensibile per tutte le forme di povertà, di indigenza materiale e spirituale del prossimo,
soprattutto dell'infanzia e della gioventù. Per questo si sacrificava fino all'olocausto; «Passare ore e ore, anche di notte, al letto degli infermi, soccorrere i poveri e le vedove
privandosi del necessario, risparmiare e far risparmiare anche nelle spese indispensabili per mantenere più ragazzi possibile nel suo Istituto fu un suo modo costante e spontaneo di agire, anche nei confronti dei suoi oppositori ed avversari».
Di fronte a questa sua spiccata carità verso il prossimo, un testimone commenta: «Egli aveva sulla bocca il suo programma nelle parole di Gesù: “Chi accoglie uno di questi piccoli accoglie me stesso, tutto ciò che fate a uno di essi lo fate a me medesimo».

(...) E ancora oggi San Giovanni Battista Piamarta, attraverso i suoi figli spirituali, accoglie i piccoli, come Gesù, istruendoli, educandoli alla vita buona del Vangelo, preparendoli a diventare nella società fedeli cristiani e onesti cittadini.
A quale scuola si formò il nostro Santo? San Giovanni Battista Piamarta non è seguace di alcuna ideologia, ma solo di Gesù e del suo Vangelo. La sua sporgenza sociale ed educativa è esclusiva conseguenza della saggezza cristiana.
Proprio per questo non effimera, non passa di moda, ma mostra i suoi fiori e i suoi frutti nella incessante primavera della storia della Chiesa.

(...) La Chiesa, nostra madre e maestra, è fiera dei suoi figli Santi, che sono i messaggeri più eloquenti e convincenti del Vangelo di Cristo. (...) I Santi sono una benedizione per tutti, anche per coloro che non credono, perché sono operatori di pace, persone miti e caritatevoli verso tutti, perdonano e pregano anche per i loro nemici. Non discriminano nessuno. Tutti vengono accolti dall'abbraccio della loro carità, indipendente dalla razza, dalla religione, dalla condizione sociale.

(...) I Santi sono necessari ancora oggi, perché ancora oggi l'umanità ha bisogno di uomini e donne sapienti e miti. Il concilio ecumenico Vaticano II ha ricordato a tutti i battezzati la loro innegabile vocazione alla santità, che fiorisce non solo in sacrestia, nei sacerdoti e nei consacrati, ma anche in piazza, nelle madri e nei padri di famiglia, nei giovani e nei bambini, negli ammalati e nei carcerati, nei professionisti di ogni genere della nostra società. Anche i Santi sono un prezioso patrimonio dell’umanità, perché dovunque germoliano son contemplati, ammirati, imitati. Essi appartengono agli eroi della storia universale, perché elevano la qualità etica e religiosa dell'umanità.

In questa luce si comprende il significato e il valore della santità apostolica, che il nostro Santo lascia in eredità a tutti, soprattutto ai suoi Figli e Figlie spirituali (. . .).

 

venerdì 5 luglio 2013

283 - ONTEM E AMANHÃ

Primeiro encontro com padre Piamarta - Pier Giordano Cabra

Capítulo Décimo

1. Dia 16 de junho de 1912: um triunfo. No Instituto Artigianelli celebra-se o vigésimo quinto aniversário da fundação do Instituto. É uma avalanche de reconhecimentos: cartas e telegramas de toda parte, ex-alunos que acorrem em massa, presença de autoridades civis e religiosas, testemunhos emocionantes do imenso bem realizado: todos aplaudem e unem-se para festejar “a fundação deste grandioso Instituto que custou tantas dificuldades e fadigas, tantos suores e sacrifícios”, mas que está sendo coroado “por uma imensa quantidade de queridos jovens, que cresceram e saíram como verdadeiros cristãos”.

2. O Instituto agora está verdadeiramente belo e grandioso. Da primeira casinha até hoje, os edifícios se multiplicaram, para serem completados com vastos pórticos e a bela igreja em 1907. Padre Piamarta escuta, mas parece ausente. A mente dele vai aos benfeitores, sem os quais não teria feito nada. Admira a generosidade deles, mas também a confiança oferecida a ele, sem títulos e experiências anteriores. “A gratidão deve ser a primeira virtude do Instituto”, continuará ele repetindo. Os recorda um por um, em especial os irmãos Marietta e Angelo Muzzarelli, junto com todas as humildes pessoas que dedicaram sua vida aos seus meninos, a partir de Felipa Freggia, a mãe dos primeiros tempos.

3. É feliz com o belo grupo de sacerdotes e religiosos irmãos que o cercam e garantem a continuidade da obra. Ele sabe que esta família é o presente mais precioso que o Senhor podia-lhe oferecer. Os vê ricos de verdadeiro espírito sacerdotal e religioso e os vê práticos e ativos, sensíveis aos pobres. “Agora o teu servo pode ir em paz”, murmura ele bem baixinho, “ porque os meus olhos viram a salvação, preparada” para tantos jovens e garantida também após minha partida.

4. Seu mais querido amigo, aquele da precoce aventura sobre o monte Madalena (lembram?), tinha-lhe escrito poucos dias antes: “Seu ânimo sensibilíssimo merece a mais afetuosa admiração por parte de todos os nossos concidadãos. Você tem justamente merecido o gozo de um paraíso antecipado”. “O paraíso no céu, talvez,” tinha-lhe respondido, “mas no sentido puramente humano, a obra não me deu outros frutos a não serem tribulações e espinhos sem nome, penas incríveis, desenganos de toda espécie”.

5. Justo em meio a essas dificuldades, a Providência sempre o tinha guiado e ajudado e ele tem possibilidade de reconhecer que a obra não foi querida por ele, e sim por Aquele que “provê aos menores entre seus filhos”, e que escolheu a ele, pobre padre, “uma mancha de tinta do livro de ouro da caridade”, a fim de demonstrar que nós somos instrumentos na mão onipotente do Altíssimo. Por isso recomenda para “não apoiar-se unicamente sobre cálculos humanos”, mas “confiar sempre na infalível ajuda”, que manterá viva a sua obra, até quando a considerarmos Sua.

6. Olhando para frente no tempo, ele sente-se seguro que tantas fadigas não foram inúteis e que ele, “servo inútil e preguiçoso”, conseguirá ser mais útil de lá “do seio de Jesus bendito” de onde poderá acompanhar melhor “a contínua, progressiva prosperidade da obra” que o Senhor lhe tem posto entre as mãos e que ele está pronto a nas mãos de seus sucessores.

          7. Os aplausos o fazem sorrir, mas ele pensa naqueles jovens que poderia ter ajudado, mas não conseguiu como aqueles que hoje não vieram e que ele estava esperando. “Chegou o tempo de rezar mais por eles, porque se hoje não os vi aqui, deverei vê-los no Paraíso”.
No Paraíso entrará aos 25 de abril de 1913.

giovedì 4 luglio 2013

282 - CHIESA PARROCCHIALE DI BEDIZZOLE

 


SULLE ORME DI SAN GIOVANNI PIAMARTA

[LA DEDIZIONE AGLI INFERMI E LA CURA DELLA PREDICAZIONE]
 
 
«A Bedizzole don Piamarta si inserisce in un contesto pastorale più ampio […]. A Bedizzole ci sono molte contrade da percorrere, ci sono numerose cappelle da servire, c’è l’esigenza di una presenza periodica. E’ facile quindi immaginare le “corse” del giovane Piamarta, sempre in moto con il suo “passo da bersagliere”[…]. Qui il suo campo si ministero di allarga ulteriormente, dovendosi egli interessare anche delle comunità religiose».
 
P.G. CABRA, Piamarta.

Guida: Nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo.

Assemblea: Amen.

Guida: Ci troviamo nella seconda parrocchia nella quale San Giovanni Piamarta ha prestato il suo ministero. Qui ricordiamo la sua apertura ad ogni persona e ad ogni situazione: visita con frequenza gli ammalati, cura attentamente la predicazione, accompagna i giovani che si trovano in situazioni di particolare difficoltà.

Dagli scritti di san Giovanni Piamarta

«Il cuore è fatto per amare e l’oggetto di questo amore deve essere Dio. Noi sacerdoti, se non amiamo Dio, siamo incompleti e valiamo la metà di quello che siamo. “Ma, Dio non lo si vede per poterlo amare”. “Ebbene, se amiamo il prossimo che lo rappresenta, se amiamo i poveri, i tribolati, i derelitti e gli ammalati, e questi diventano l’oggetto delle nostre sollecitudini e delle nostre cure, noi amiamo Dio».
«Dai notes di P. Piamarta»
 
«Vi ringrazio, o mio Dio, di tutti i benefici che mi avete finora concesso e specialmente di avere eletto me indegnissimo e miserabile ad essere vostro sacerdote e d’avermi chiamato ad una perfetta sequela di Gesù in questa santa associazione. Deh! Illuminatemi, o Signore, affinché, confessando umilmente innanzi a voi le mie infedeltà, possa impetrare il vostro perdono e nuove forze per venire mai meno alle mie solenni promesse».
«Dai notes di P. Piamarta»
 

Preghiamo
Ti benediciamo, o Padre, per averci chiamati in questo tempio a fare memoria della dedizione pastorale di San Giovanni Piamarta ad ogni essere umano, specialmente il più debole ed indifeso. Ti chiediamo di benedire la nostra vita con il dono dello Spirito Santo, affinché possiamo comprendere che, per amare sinceramente Te, è necessario amare in verità il nostro prossimo. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Tutti: Amen

Guida: Padre Nostro…

Guida: Benediciamo il Signore

Tutti: Rendiamo Grazie a Dio

281 - DELUSIONI E CONSOLAZIONI

25. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano Cabra

Ieri è salito da me un giovane collaboratore, un chierico molto impegnato nell’educazione, alquanto demoralizzato per il comportamento di alcuni suoi ragazzi.. Era talmente deluso che voleva gettare la spugna. Tutto gli sembrava inutile. Mi pareva immerso in un mare di amarezza e di sfiducia nella sua e nostra azione educativa. L’ho lasciato parlare a lungo, partecipando alla sua afflizione, che anch’io ho conosciuto.
Poi, sempre facendo tesoro dell’ esperienza, gli ho ricordato che i suoi sentimenti erano degni di ammirazione, perché dettati dall’amore. Infatti chi ama si preoccupa, si affligge: ”Piangete, amanti, poi che piange Amore”, diceva Dante. Chi non ama a fondo i giovani, non soffre per la loro situazione. Ma chi non sa soffrire, non sa neppure gioire con loro e per loro.

Beati gli afflitti
 
Questa preoccupazione è buona e gradita a Dio: è cosa buona essere preoccupati e rattristati per la palude che trattiene i giovani. E’ cosa buona soffrire per l’imbarbarimento dei costumi. E’ giusto indignarsi per i cattivi esempi, per le nuove forme di male presentate in forma attraente o come cosa naturale o come comportamento normale. E’ buono e giusto tentare di reagire, convinti che il progresso non può avvenire solo nel male. La gioventù, che tutti invidiano, in realtà è l’età più povera, soprattutto perché sovente influenzata dagli esempi facili e devastanti degli adulti. Se è vero che “bisogna passare per molte tribolazioni per entrare nel Regno di Dio”, è anche vero che chi le affronta con coraggio può dire con San Paolo: “Sovrabbondo di gioia in mezzo alle mie tribolazioni”.
Infatti anche per gli educatori il Signore dice: “Beati gli afflitti perché saranno consolati”

Non vi affannate

C’è anche il detto del Signore: “Non vi affannate”. Non lasciatevi prendere dall’ansia, perdendo la speranza, diventando dimissionari e catastrofici. Un educatore apprensivo non favorisce la trasmissione delle mete positive. Il vangelo è buona notizia perché dice che Dio è presente anche in questa situazione e potrebbe chiederci la sofferta fedeltà alla nostra missione, quale contributo alla loro salvezza. Dio opera silenziosamente: le sue vie non sono le nostre, i suoi tempi non sono i nostri. Occorre fiducia in quest’opera nascosta e silenziosa di Dio. E’ Lui che volge al bene la nostra sofferta preoccupazione, rovesciando le cose.
E’ necessario aver fiducia nella forza ‘redentrice’ di questa nostra sofferenza: essa piace a Dio. E’ bene dunque preoccuparsi, ma senza affanno, senza perdere la fiducia nella sua fecondità.

Parlare a Dio

Se è necessario parlare di Dio ai nostri ragazzi, è ancor più necessario parlare a Dio di loro. Pregare per i nostri giovani, con la fiducia di Santa. Monica, alla quale era stato assicurato che: ”è impossibile che si perda un figlio di tante lacrime...” Pregare e poi lasciar fare al Signore: preoccuparsi senza perdere la fiducia nella sua potenza perché e’ Lui che consolerà, che troverà soluzioni, che porterà a maturazione e utilizzerà.
“E tu - ho concluso al mio giovane promettente collaboratore – tu devi imparare a superare questo momento, anche per essere in grado di educare con efficacia i tuoi ragazzi a superare le delusioni che li attendono. Bisogna saper trarre una lezione da ogni sconfitta per aiutare gli altri a non lasciarsi piegare dalla sorte avversa. Mostrati forte, non farti vedere deluso, non abbatterti. Insegnerai con l’esempio che si possono affrontare tutti i guai. Dio infatti ci consola nelle nostre tribolazioni, perché anche noi possiamo consolare i tribolati”.
 

mercoledì 3 luglio 2013

280 - "PREGHIERA"

 
 
Lettura dell'opera
 
"Preghiera" rievoca l'interiorità spirituale di Padre Piamarta. E' la preghiera
che precede e accompagna l'intensissima e straordinaria attività
del fondatore dell'Istituto Artigianelli.
 
Autore dell'opera: Riccardo Pezzoli


279 - GENITORI: FERMEZZA NELL'EDUCAZIONE

da "i pensieri di padre Piamarta"

Non è la cosa più facile formare un cristiano. Dirlo è facile, riuscirci a formarlo è più difficile. Ed è qui che ti voglio! C'è chi dice che il fanciullo è una cosa tenera, fragile, facilissima a viziarsi, e che quindi ha bisogno di protezione e di continua correzione. Sì, è bello, è vezzoso il vostro figlio, ma sotto questi vezzi si nasconde un cuore di indole cattiva e contaminata. Lo dice la Bibbia: «Ecce enim in iniquitatibus conceptus sum» (Ecco sono stato generato nel peccato). Ed ancora: «il senso e le propensioni del cuore umano traboccano di male fin dall' adolescenza». S. Basilio afferma che il fanciullo con le sue voglie sfrenate e irragionevoli, con la sua temerità, con la sua superbia e il suo spirito di vendetta, ci mostra fin dalle fasce la malignità dei suoi umori ed esige quindi la mano medica di un buon educatore che lo corregga.


Il fanciullo, che è un uomo in potenza, rassomiglia alla terra di cui è impastato. Come la terra, dopo la maledizione di Dio, altro non genera che bronchi e spine e solo a forza di sudore e ferro si ottiene da lei il buon seme che poi arriva alla maturità, così il cuore dell'uomo abbandonato a se stesso non germoglia che vizio e tristezza. Se desiderate, quindi, vedere frutti di bontà e frutti di bene, non avete altra soluzione che usare ferro e lavoro e sofferenza.


Castigare il figlio ancora in tenera età? Ohibò, non ne abbiamo il coraggio e non siamo disumani. Il castigo in quest' età ci pare durezza! Ecco la risposta: «E vorreste domarli quando saranno adulti, quando, cioè, saranno già cresciuti e disordinati e sbagliati?». Il piccolo arboscello si piega solo quando è ancora tenero; il cavallo si doma quando è ancora puledro. Se l'albero è adulto, piegandolo, si rompe, e il cavallo non si lascia domare, ma uccidere.


Qui sta il vero amore. Qualche lacrima sgorgata da fanciulli risparmierà ad essi più tardi, fiumi di lacrime, e a voi, crepacuore, affanni, angosce, e desolazioni senza fine.


La punizione deve essere proporzionata alla qualità della colpa e alla qualità del colpevole, cioè all'età, allo stato fisico e morale del figliuolo. Quello che può giovare ad uno, può nuocere ad un' altro.


Uno di questi infelici figli, nel fondo di una prigione disse così al sacerdote: «Sì, sono qui ma la colpa è del mio padre e della mia madre. Me le davano sempre vinte e in più mi lasciavano fare sempre quello che volevo e sono finito qui in galera. Questa catena spetterebbe più a loro che a me». E notate che questo giovane era di buona nascita e apparteneva ad un famiglia di egregia riputazione.


Non dite: «non castigo il mio figlio per non perdere il suo amore e la sua confidenza». Anche l'ammalato, non solo non impreca contro il medico che l'ha guarito con una dolorosa operazione, ma lo benedice. Anch'io da piccolo, mi sdegnavo contro mia madre, perché era severa a causa dei miei capricci che facevo per non mangiare il cibo. Dopo, ho capito il bene che mi ha fatto educandomi così.


«E tu che ne dici?». Dico che sarà con il sudore e con il ferro dell' aratro che quel campicello continuerà a dare frutti buonissimi. Se non lo si lavora, apparirà un'ispida selva di cardi, di spine malefiche e un rigoglio di ortiche... Ebbene, come bisogna dar mano ad una vanga, così bisogna trattare il carattere dei figli perché nel loro cuore non nascano selve di erbacce.


Osservate come agisce chi ha un puledro da domare. Vi monta sopra, lo liscia e lo accarezza e lo chiama per nome, poi dà un piccolo strappo di briglia e lo lascia andare. Se appena montato sul puledro, voi vedeste il cavaliere agitarsi direste: «ha più bisogno il cavaliere che il cavallo di essere domato». Bisogna usare, cioè, moderazione e prudenza con i figli. I genitori non hanno il potere assoluto sui figli, ma quanto fanno lo devono fare per il loro bene. Debbono guardarsi da ogni impeto di passione. Un rimprovero e un castigo troppo severi dati con passione, fuori tempo e luogo, nuoce tanto a chi lo dà come a chi lo riceve. A quello perché gli fa perdere la forza morale, a questi perché inasprisce la piaga invece che curarla.
 

278 - OU APÓSTOLOS OU APÓSTATAS

   Primeiro encontro com padre Piamarta - Pier Giordano Cabra
 
Capitulo Nono
 
      1. Padre Piamarta quer que os seus jovens sejam livres e fortes. Livres para não serem plagiados pela mentalidade corrente, fortes para agirem retamente, mesmo à custa de distinguir-se da massa. Livres para não serem absorvidos pela multidão, fortes para serem líderes. Os tempos dele eram tempos de contrastes sociais e políticos, entre liberalismo e socialismo, o primeiro preocupado pela liberdade, o segundo pela igualdade. Piamarta de maneira essencial dizia aos seus jovens que é necessário “ser livres para servir”, insistindo sobre as virtudes cívicas, a partir da honestidade, do sentido do dever, do sentir-se obrigado pela palavra dada, pela participação na vida pública, pelo sentido do serviço. A quem lhe dizia que ele falava pouco dos direitos, respondia que para aprender os próprios direitos basta uma semana, para aprender os próprios deveres não basta uma vida.

     2. Estava também convencido de que, na sociedade moderna, ou o jovem empenha-se como um apóstolo ou corre o risco de tornar-se apóstata. Ou se compromete ou se apaga. Ou ilumina ou é absorvido pela escuridão. Para ele o jovem é apostolo quando não se envergonha de ser cristão e, ainda mais, quando honra o nome de cristão com seu comportamento. Apóstolo é aquele que presta atenção às necessidades dos outros e está disposto a incomodar-se para fazer o que é possível ele fazer. Em 1902, fica sabendo que se quer impedir a procissão de Corpus Christi na cidade. Convoca então os seus jovens e os organiza em defesa do percurso. Ninguém teve a ousadia de colocar obstáculos. É apóstolo quem está disposto a pagar pessoalmente pelas próprias idéias. É apóstolo aquele que ”não segue o caminho dos ímpios, mas caminha na lei do Senhor”.

       3. Não queria jovens mal-humorados, tristes, pessimistas, introvertidos, sisudos. Ele repetia para eles as “máximas de São Felipe”, que são rápidas e simples frases de sabedoria humana e cristã, nascidas de profundas meditações espirituais e da escola da vida:
- Filhos, sejam alegres: escrúpulos e melancolia, fora da minha casa.
- Felizes vocês jovens, que tem tempo para fazer o bem.
- Precisa trabalhar, precisa trabalhar: Deus não sabe o que fazer com os preguiçoso
- Sejam bons se puderem!
   - O homem que não reza é um animal sem razão.
- Façam tudo, mas não façam pecados.

4. E incentivava toda a livre expressão de alegria, alternando ao duro dever quotidiano os animados recreios, os passeios, o canto coral, a banda musical e o teatro; alcançando nestes últimos setores, níveis de excelência bem reconhecidos na cidade e na província. Por ocasião da imponente inauguração do monumento ao Redentor sobre o monte Guilherme, em 20 de agosto de 1902, foi convidada especialmente a banda dos Artigianelli. Jornada memorável: estava presente, aplaudindo, o menino João Batista Montini, destinado a tornar-se famoso. À distância de um século aquele menino tornou-se presente de novo naquele lugar, em uma estátua que o representa nas vestes do Romano Pontífice, Paulo VI. Talvez nas solitárias e límpidas noites estreladas, às vezes ele gosta de escutar novamente aquelas notas alegres e solenes que Padre Piamarta levou consigo lá no céu, como homenagem dos seus jovens ao Redentor do mundo!
 

martedì 2 luglio 2013

277 - FP SPECIALE CENTENARIO

 

276 - “CI E' STATO REGALATO UN GIOIELLO DI PRETE”

Omelia del Vescovo monsignor Domenico Sigalini nella solenne celebrazione di Remedello - Brescia - nel Centenario della nascita la cielo di San Piamarta - (1913 -2013).


(...) Un gioiello di prete ci e‘ stato regalato da Dio ed è importante conoscerlo, entrare in contatto vivo con lui, ora che la chiesa lo proclama e venera santo. Ricordiamo una vita semplice, che ti lascia sempre stupito per come Dio costruisce le nostre storie personali e la storia della nostra società. Con i criteri puramente umani, chi poteva pensare che quel bimbetto gracile che nacque nel quartiere più popolare di Brescia negli anni difficili sia economicamente che politicamente del cuore dell'ottocento, sarebbe stato decisivo per la terra bresciana, la sua chiesa, la sua cultura, le sue
arti e il suo futuro? Dio fa le sue scelte, coinvolge liberamentepersone, chiama senza imporsi, costruisce con ciascuno di noi la storia dell’umanità. Non c’è liguaggio che tenga, non c’è luogo di nascita che decida, non c’è stato sociale che limiti. Dio cosi costruisce la storia nostra, quella di ciascuno e quella delle nazioni e società, quella stessa del mondo.

E Dio plasma i suoi gioielli con cura quotidiana, chiede molte collaborazioni, semina nella vita dei genitori, degli amici, conosce le nostre relazioni interpersonali, le invita ad alzare lo sguardo al cielo e alla storia, ad aprire il cuore, a fidarsi di Lui, ad ascoltare la sua Parola e a vederla costruire le vite di tutti. Giovanni Battista Piamarta si è lasciato affascinare dalla presenza di Dio, ha saputo abbandonarsi alla sua volontà, ha scelto la vera roccia su cui costruire il futuro dei giovani. Quante invece sono le nostre
acquiescenze alla moda, al lasciar correre, al fantomatico destino, al comodo giudizio che non c’è più niente da fare, alla sordità più assoluta di fronte alle invocazioni inespresse o urlate con disperazione del mondo giovanile e che oggi ci rimprovera il Piamarta. La nostra debolezza è una risorsa si ci fidiamo di Dio, come ha fatto don Giovanni Battista.
Non abbiamo bisongo di avere tutto chiaro sempre e subito, non dobbiamo inventare, ne’ imporre, ma solo da essere abbandonati al colloquio figliale con Dio. Era cosi anche Gesù, che s’è costruito una risposta definitiva di salvezza dialogando nelle notti con il Padre.


Ma Dio ha un'altra strada da farci percepire con la vita del p. Piamarta: l'amore alla chiesa, la fiducia decisiva nei suoi pastori, la fedeltà e la cura quotidiana per il popolo di Dio, nella pienezza dei suoi doni di grazia e nella sua sete di Dio. Dentro la vita della chiesa, in perfetta comunione con i confratelli, in dialogo costante con le istituzioni p. Piamarta ha inventato strade nuove di annuncio, modi innovativi di servizio alla città, percorsi significativi di fede rinnovata, opere capaci di esprimere la tipica fede della gente bresciana: contemplativa e attiva, orante e operante, radicata su principi saldi e proiettata su attività che li traducono e li rendono praticabili da tutti, scarse ed essenziali parole e conversazioni, decise e vivaci traduzioni nella concretezza
della vita. Non incantata nelle discussioni se scegliere Marta o Maria, ma dedicata a vivere contemplazione e azione senza discontinuità.

E oggi la sua famiglia di religiosi e religiose ha un compito arduo, ma bello ed entusiasmante: ridire con i giovani di oggi la passione di p. Piamarta per il regno di Dio, fatto ancora di contemplazione e azione, cultura e lavoro, assistenza e promozione, dialogo e proposta. preghiera e ardore di opere, sguardo al cielo e piedi ben radicati per terra, proposta di valori irrinunciabili e maniche avvolte nel costruire soluzione ai problemi, aiutare gli uomini a darsi dignità spirituale e creare con loro nuovecompetenze di lavoro.

 
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