LA PRESENZA DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH NEL MONDO

mercoledì 28 novembre 2012

178 - PADRE PIAMARTA E'


177 - O APÓSTOLES O APÓSTATAS

"Primer encuentro con P. Piamarta" de Pier Giordano Cabra

CAPÍTULO NOVENO

 Padre Piamarta quiere que sus jóvenes sean libres y fuertes; libres para no contaminarse por la mentalidad común y fuertes para actuar rectamente y distinguirse de la multitud; libres para no ser absorbidos por la masa y fuertes para ser líderes. Su tiempo estuvo lleno de contrastes sociales y políticos entre liberalismo y socialismo. El primero preocupado por la libertad y el segundo por la igualdad. Padre Piamarta siempre dijo a sus jóvenes que es necesario ser "libres para servir", insistiendo en las virtudes cívicas, a partir de la honestidad, del sentido por el deber, del sentirse comprometidos por la palabra dada, por la participación en la vida pública y por el sentido del servicio.  A quien le hacía notar que hablaba poco de derechos, respondía que para aprender los propios derechos basta con una semana y que, en cambio, para aprender los propios deberes no basta con una vida.

Estaba convencido de que en la sociedad moderna o el joven se esfuerza como un apóstol o se arriesga en convertirse en un apóstata. O se empeña o desaparece. O ilumina o es absorbido por la oscuridad. Para Padre Piamarta el joven es apóstol cuando no se avergüenza de ser cristiano e, incluso más, cuando honra el nombre de cristiano con su comportamiento. Es apóstol aquel que es atento a las necesidades de los otros y está dispuesto a dejar las comodidades por hacer lo que le es posible hacer. En el año 1902 Padre Piamarta supo que se quería impedir la procesión ciudadana del Corpus Christi. Llamó a reunión a sus jóvenes y les pidió defender el recorrido. Ninguno se atrevió a poner algún obstáculo. Es apóstol el que está dispuesto a pagar en persona las propias ideas. Es apóstol el que "no sigue el camino del impío, sino que camina en la ley del Señor".

No quería jóvenes malhumorados, tristes, pesimistas, introvertidos, mal genios. Les repetía las "máximas" de San Felipe, que son unas sencillas frases de sabiduría humana y cristiana nacidas desde las profundas meditaciones espirituales y en la escuela de la vida:
- Hijos, estén alegres: escrúpulos y melancolía, fuera de mi casa.
- Bienaventurados ustedes, jóvenes, que tienen tiempo para hacer el bien.
- Es necesario trabajar, tienen que trabajar, porque Dios no sabe qué hacer con los
  perezosos.
- Sean buenos si pueden: el hombre que no reza es un animal sin razón.
- Hagan todo, pero no cometan pecados.

Y le gustaba mucho que los jóvenes mostraran su alegría, alternando el duro deber cotidiano con las actividades recreativas, los frecuentes campamentos en la montaña, el solemne canto coral, la solicitada banda musical y el aplaudido teatro, alcanzando en estas últimas un nivel de excelencia reconocidos en la ciudad y en la provincia.
En ocasión de la imponente inauguración del monumento al Redentor en el monte Guglielmo, el 20 de agosto de 1902, fue invitada la banda musical del Artigianelli. Jornada memorable: entre los muchos asistentes estaba sentado un niño que aplaudía, Juan Bautista Montini, que estaba destinado a ser famoso. A un siglo de distancia, ese niño está de nuevo presente en ese lugar con una estatua que lo presenta con la vestimenta del Romano Pontífice Pablo VI.
¡Quizás en las solitarias y limpias noches estrelladas escucha nuevamente con mucha alegría esas notas alegres y solemnes que Padre Piamarta ha llevado hasta allí ese día, como homenaje de los jóvenes al Redentor del mundo!.

176 - O APOSTOLI O APOSTATI

"Primo incontro con padre Piamarta" di Pier Giordano Cabra

Capitolo nono

1. Padre Piamarta vuole che i suoi ragazzi siano liberi e forti. Liberi per non essere plagiati dalla mentalità corrente, forti per resistere al male facile. Liberi per non essere assorbiti dal branco, forti per vivere con coerenza le proprie convinzioni. I suoi erano tempi di contrasti sociali e politici, tra liberalismo e socialismo, il primo preoccupato della libertà di accumulare dei beni, il secondo della giusta distribuzione dei beni. Padre Piamarta, in modo essenziale, diceva ai suoi ragazzi che è necessario essere “liberi per essere utili a sé e agli altri”, insistendo sulle virtù civiche, a partire dall’onestà, dal senso del dovere, dal sentirsi legati dalla parola data, dalla partecipazione alla vita pubblica con senso del servizio.
A chi gli faceva notare che parlava poco dei diritti, rispondeva che per imparare i propri diritti basta una settimana, ad imparare i propri doveri non basta una vita.

2. Era pure convinto che nella società moderna il giovane o si impegna o si spegne. O si comporta come un apostolo o rischia di diventare un apostata. O illumina o viene assorbito dal grigiore. È apostolo colui che è attento alle necessità degli altri ed è disposto a scomodarsi per fare quello che gli è possibile fare. Nel 1902 Padre Piamarta viene a sapere che si vuol impedire la processione cittadina del Corpus Domini. Chiama a raccolta i suoi giovani e li schiera a difesa del percorso. E la processione si fa. È apostolo chi è disposto a pagare di persona per le proprie idee. È apostolo colui che “non segue il cammino degli empi, ma cammina nella legge del Signore”.

3. Non voleva ragazzi musoni, tristi, pessimisti, introversi, seriosi. A loro ripeteva le “Massime” di San Filippo, che sono delle rapide e semplici frasi di sapienza umana e cristiana, nate da profonde meditazioni spirituali e dalla scuola della vita:
- Figlioli, siate allegri: scrupoli e malinconia, fuori da casa mia.
- Beati voi giovani, che avete tempo di fare il bene.
- Bisogna lavorare, bisogna lavorare, Iddio non sa che farne dei poltroni.
E ricordava sovente che una persona ricca non è quella che possiede di più, ma è quella che necessita di meno. E aggiungeva: “Non siate come quelli che vivono come se non dovessero mai morire, per poi morire come se non avessero mai vissuto”.

4. E favoriva tutto il libero dispiegarsi dell’allegria, alternando al duro dovere quotidiano le movimentate ricreazioni, le frequenti scampagnate, il solenne canto corale, la richiestissima banda musicale e l’applaudito teatro, raggiungendo in questi ultimi settori dei livelli di eccellenza riconosciuti in città e provincia. In occasione dell’imponente inaugurazione del monumento al Redentore sul monte Guglielmo, il 20 agosto 1902, fu chiamata proprio la banda musicale degli Artigianelli. Giornata memorabile: tra i moltissimi giunti lassù era presente un ragazzino riservato e plaudente, Giovanni Battista Montini, destinato a diventare famoso. A distanza di un secolo è di nuovo reso presente in quel luogo da una statua che lo raffigura nelle vesti del Romano Pontefice Paolo VI.
Forse nelle solitarie e limpide notti stellate, talvolta riascolta volentieri quelle note allegre e solenni che Padre Piamarta ha portato lassù quel giorno, come omaggio dei giovani al Redentore del mondo!

175 - EFFIGE DI PADRE PIAMARTA - CECCHINA


martedì 27 novembre 2012

174 - DON G. PIAMARTA AD ATTILIO ARCANGELI (1)

Lettere di padre Piamarta e dei suoi corrispondenti

3.
Brescia, S. Alessandro, 5 novembre 1878
Carissimo mille volte!
Fa suonare a festa che finalmente il Piamarta si fa vivo anco una volta al suo troppo caro Attilio! Chissà mai quanti castelli avrai tu fabbricati! Quanti strani giudizi formati sopra questo mio silenzio che temo ti riuscirebbe sempre inqualificabile ed inesplicabile per quante ragioni mi sforzassi di portarti innanzi a giustificarlo! Per non sciupar tempo ed inchiostro in vane ciance, ti prego di credermi che ciò non fu perché siasi punto raffreddato l'affetto grandissimo che a te sempre mi ha legato; ohibò! questo non avverrà mai, colla divina grazia, anzi mi sentii sempre l’animo occupato di te, della tua sorte, cui supplicava il Signore che fosse tale da renderti eternamente tutto suo.
Perché dunque, dirai tu, perché a tante mie istanze non mandarmi mai una riga? Tra le altre ragioni che taccio, questa che dico non è la più debole - per indolenza - pigrizia - dote mia caratteristica - ecc. ecc. La è questa troppo magra scusa da mettere in carta - che mi fa vergogna - lo veggo anch'io, ne sono confuso - ma ciò nullameno non la voglio nascondere a te, che pieno di squisita carità come sei, mi vorrai compatire. Quante vicende avvennero in quel po' di tempo che mi hai abbandonato! Tu ne sei già informato dagli amici tuoi e dai giovanetti che di quando in quando tenevano tua conversazione epistolare. L’Oratorio è in piedi ancora, non so nemmeno io il perché! Che anche a nostro riguardo la bontà di nostro Sig. Gesù Cristo voglio che sia detta: Quae stulta sunt mundi elegit Deus... ecc. et infirma et contemptibilia... ut confundat fortia? Ne sia infinitamente lodata e ringraziata questa infinita bontà e tu prega perché conceda a me veramente meschinissimo sotto ogni rispetto, tutta quella virtù - quella generosità, quella costanza di propositi che mi si conviene onde non fallire all'opera che il Signore vuole da me.
Ti ringrazio che coi tuoi savi ammonimenti che di quando in quando mandi a qualcuno dei cari nostri fanciulli, tu li metti in maggior impegno di servir il Signore, e di restare fedeli all'Oratorio. In generale non sono malcontento - gli adulti si sono più disciplinati – Capilupi (2) - Mainetti Dominatore (3) – Cremona (4) - Bonetti Achille (5) - Pavoni Arnaldo Luigi (6) sono giovani modello e cominciano ad ormeggiare i martiri. Circola nel loro sangue zelo, ardenza per la gloria di Dio. Aiutali colle tue orazioni a crescere e perseverare nella incominciata santa impresa - mi sarà caro assai che li faccia di motto tuo ad incoraggiarli con qualche tua letterina. Dimmi cento cose dei fatti tuoi, scrivimi presto e a lungo. Come stai? Come vanno le tue cose? Vieni proprio a Brescia presto? Oh! come ne andrei contento! Scrivi tutto che ti viene in mente con calma, con tranquillità, senza affaticare la mente, proprio come ho fatto io, che presa in mano la penna l’ho lasciata macchinalmente tirare innanzi fin qui da sé senza che la mente mia v'avesse affatto partecipato.
Ti saluto di cuore, ma proprio di cuore, e con me ti saluta il mio carissimo Sig. Prevosto (7) e gli Amici tutti che ti ricordano con special predilezione.
Riverisci la Sig.ra tua mamma e papà e credimi
Tutto tuo affezionatissimo fratello in G.C.
PIAMARTA Sac. GIOVANNI

___________________________________
1 . Attilio Arcangeli nacque a Brescia da Carlo e da Luigia Rossi il 1° gennaio 1855 e vi morì il 24 settembre 1879. Era di famiglia benestante ed un suo fratello, Camillo, fu ingegnere molto apprezzato, progettista fra l`altro del palazzo del Credito agrario e dell’ara votiva del Vantiniano. Fossati (op. cit., I, p. 97) afferma che dovette essere stato «magna pars›› dell’Oratorio di S. Alessandro, avvalendosi probabilmente di un'esperienza fatta accanto ad un altro apostolo degli oratori, il can. Lorenzo Pintozzi direttore dell'oratorio di S. Benedetto. Il Fossati (op. cit., I, pp. 106-107) riporta anzi una lettera di mons. Pintozzi all'Arcangeli. Fu certo tra gli assistenti più attivi dell`Oratorio di S. Alessandro per due anni, trasferendosi poi nel 1878 a Pisa per ragioni professionali e di salute ma tornando a Brescia ove morì ancor giovanissimo.
2. Francesco Capilupi, nipote del curato di S. Alessandro, don Angelo, a quanto scrive il Fossati (op. cit., I, p. 101) fece «un gran bene all'oratorio e nella Dottrina Cristiana››.
3. Compare per la prima volta il nome di Dominatore Mainetti, uno dei personaggi più in vista a Brescia specie nei primi decenni del sec. XX, tra i più cari allievi di p. Piamarta a lui molto legato. Nato a Brescia il 14 novembre 1861 e mortovi il 15 maggio 1920, di Enrico. Nonostante avesse compiuti corsi scolastici molto ristretti, percorse la carriera militare fino al grado di maggiore di fanteria. Figlio di un commerciante, con prestiti anche di p. Piamarta aprì verso il 1880 un negozietto che via via sviluppò nei «Grandi Magazzini dell'Est›› in cui furono impiegati trenta commessi e che ebbero due succursali: a Verona e a Como. In seguito diede vita ad una industria tessile con uno stabilimento al Crocevia di Nave e un altro a Sabbio Chiese. Fu inoltre presidente delle Industrie Tessili Bresciane con stabilimenti a Sale Marasino, Marone e Redona (Bergamo). Fu dal 1904 al 1905 presidente della Camera di Commercio, che egli potenziò inserendovi il Circolo Commerciale e Industriale e chiamando a Brescia come segretario il Prof. Filippo Carli. Nel 1904 fu segretario generale e magna pars della Esposizione di Brescia e nel 1909 promotore e presidente della Esposizione Internazionale di Elettricità. Consigliere comunale di parte moderata dal 1895 fu vicepresidente della Congregazione di Carità. Nel 1915 fu sindaco di Brescia, prestando contemporaneamente servizio presso il Comando militare. Interventista convinto, si dedicò alla organizzazione dell'assistenza nel periodo bellico, tanto da venire, nel 1918, definito il Sindaco della Vittoria. Dimissionario nel 1918, fu tra i propugnatori della Università Tirandi. Collaborò alla Sentinella Bresciana. Fu anche verseggiatore e scrittore. Pubblicò: Viole appassite. Versi, Malaguzzi, Brescia 1888, poi Tip. e Libreria Queriniana, pp. 110; Dal taccuino di un commesso viaggiatore - Note giornaliere, Tip. Savoldi, Brescia 1889; Sotto le armi, Verona - Padova, Fratelli Druecker ed. 1897, pp. 82. Cfr. L. FOSSATI, op. cit., I, pp. 117-135.
4. Si tratta, probabilmente, di Angelo Giovanni Battista Cremona di Francesco, nato a Brescia il 24 Giugno 1857.
5. Achille Bonetti nato a Monza da Battista e da Chiara Casarotti, il 1° maggio 1860, un anno dopo veniva trasferito dalla famiglia a Brescia. Crebbe nell'oratorio di S. Alessandro e poi nell'Istituto Artigianelli e fu maestro vetraio di valore. In comproprietà con l'Istituto Artigianelli aprì in corso Palestro un laboratorio per la lavorazione e la decorazione del vetro e nel dicembre 1892 ottenne con una Annunciazione riprodotta su vetro la menzione onorevole all'Esposizione Italo-Americana di Genova (cfr. Il Cittadino di Brescia, 22 aprile 1892). Rímase sempre legatissimo a p. Piamarta del cui zelo ebbe a testimoniare e all'Istituto Artigianelli. Morì a Brescia il 23 aprile 1932. Cfr. L. FOSSATI, op. cit. I, pp. 358-359.

6. Pavoni Arnaldo Luigi, nato a Treviglio il 28 ottobre 1862 da Carlo e Maria Rota. Vivacissimo, ma buono, fattosi grandicello sentì profondo il richiamo alla perfezione cristiana. Fu tutto preghiera e mortificazione, tanto che dai suoi compagni delle scuole tecniche venne soprannominato Tempora per il suo scrupolo nell'obbedire alle mortificazioni allora imposte dalla Chiesa nelle «Sacre Tempora». Intelligente e diligente fece ottima riuscita negli studi. Trasferitosi con la famiglia a Brescia, frequentò l'oratorio di S. Alessandro dove don Piamarta lo avviò «con ogni industria (...) sul buon sentiero della gioventù». Nel Necrologio della Compagnia di Gesù, nelle note biografiche a lui dedicate in morte si legge: «Ed era cosa di maraviglia vedere il giovanetto Pavoni far le prime prove del suo apostolato in mezzo a' ragazzi. Sembrava proprio un angelo di pace in mezzo a loro, sempre allegro, col volto atteggiato a innocente sorriso aiutava il Direttore a contenere nella disciplina que' vispi fanciulli insofferenti quasi sempre di freno; e la domenica in quelle lunghe ricreazioni di tre o quattr'ore non risparmiava fatica per farli santamente e innocentemente divertire. Accorreva or qua or là ove s'accorgeva esser sorta dissensione o lite nel giuoco, e con maturità accompagnata da amorevolezza sedeva, come a dire, pro tribunali, e in un batter d'occhio pronunziava la sentenza, lasciando le parti d'egual maniera soddisfatte e contente. S'accompagnava quando con questo e quando con quello de' più savi, e parlando di cose di Dio e dell'anima, spronava a più alta virtù, e insinuava con ottimi consigli nuovi modi di praticarne gli atti. Talora per animare il giuoco là dove languiva con pericolo di qualche inconveniente cagionato dall'ozio, vi si slanciava in mezzo per primo seguito tra gli evviva festosi di tutti gli altri. Se per avventura veniva a conoscere che alcuno di que' giovanetti era caduto in qualche fallo, con mirabile soavità di modi inducevalo a confessarsene, e in occasione poi delle feste dell’oratorio era egli che spendeva le ore intere per preparare i fanciulli alla penitenza sacramentale. Man mano che giungevano in chiesa mettevasi loro attorno, disponevali alla preghiera, all'esame della coscienza e muovevali alla contrizione con parole di tanta efficacia, che ben dimostravano quanto amasse Iddio e quanto stessegli a cuore la salute dell'anima di que’ garzoncelli. E per verità, mercè l'aiuto del Pavoni, essi si accostavano al sacro tribunale della penitenza tutti compunti, e ne uscivano coll'allegrezza del cuore dipinta sul volto. Finalmente in lode dell’apostolato del Pavoni in mezzo a' giovani, vuolsi aggiungere che non pochi fra essi d'indole ribelle e ostinata lasciavansi piegare e reggere da un certo senso quasi di venerazione verso di lui, e che parecchi veduti trionfare di se medesimi in cose assai ardue, e richiesti del perché di sì generosa mutazione e di sì nobili vittorie, rispondevano d'averne avuto incoraggiamento da Pavoni››. Attratto dalla vocazione al sacerdozio entrò nel seminario di Brescia dove fu esempio nella pietà, nella disciplina, nell’osservanza delle regole tanto da venire definito un «S. Luigi›› e da essere proposto come esempio. Sotto la guida del padre spirituale, il gesuita p. Andrea Labati, si orientò poi verso la Compagnia di Gesù, nel cui noviziato di Soresina entrò il 16 dicembre 1882, dove continuò a percorrere, sempre in contatto con p. Piamarta, la via della santità. Esempi di santità e di zelo fervido diede anche durante il servizio militare. Il 19 marzo 1885 emetteva nella casa di Portorè i primi voti. Colpito da tisi passò tre anni nella casa di Mantova. Il 21 settembre 1889 veniva consacrato sacerdote dal vescovo mons. Giuseppe Sarto (poi Papa Pio X) e celebrava la prima messa nel santuario di S. Luigi a Castiglione delle Stiviere. Nelle pause della malattia, lavorò in due oratori di Mantova e specialmente in quello di S. Simone. Morì a Mantova il 6 luglio 1890.
(7) Don Pancrazio Pezzana

lunedì 26 novembre 2012

173 - PELLEGRINI PER PADRE PIAMARTA


172 - LE RADICI NOVARESI DI SAN PIAMARTA

Caro direttore,
ho letto con grande interesse e immenso piacere l’intera pagina dedicata da Avvenire lo scorso ottobre a padre Giovanni Battista Piamarta, in occasione della sua canonizzazione. Mi pare interessante ricuperare le origini del Santo, nato a Brescia da una famiglia della nostra terra novarese. Il nonno (che aveva il suo stesso nome) era infatti emigrato in cerca di lavoro, come tanti suoi conterranei.
Nel primo anniversario della beatificazione, nel 1998, padre “Piumarta” venne ricordato ad Agrano (piccola frazione di Omegna, sul lago d’Orta verso il Mottarone, dove abitano ancora oggi diverse famiglie “Piumarta”) con solenne celebrazione eucaristica, in un tripudio di popolo, presenti il pustolatore della causa e il superiore generale della Congregazione, che donarono alla parrocchia una preziosa reliquia, con anche la dedicazione dell’oratorio.
Può essere utile riferirne su Avvenire, a completamento del quadro della fulgida esistenza e testimonianza del Santo, che continuiamo a considerare un po’ anche nostro. Grazie e buon lavoro.
Franco Fornara Pettenasco (No)
Avvenire 25.11.2012

171 - PIAMARTA: UN DONO PER TUTTI


sabato 24 novembre 2012

170 - RITO DELLA CANONIZZAZIONE

Litanie dei Santi

Prima petizione

Il Prefetto:
Beatissimo Padre.
la Santa Madre Chiesa chiede con forza
che Vostra Santità iscriva i Beati

GIACOMO BERTHIEU
PEDRO CALUNGSOD
GIOVANNI BATTISTA PIAMARTA
MARIA DEL MONTE CARMELO SALLÉS Y BARANGUERAS
MARIANNA COPE
CATERINA TEKAKWITHA
ANNA SCHÄFFER


nell’Albo dei Santi e come tali siano
invocati da tutti i cristiani.

Il Santo Padre:
Fratelli carissimi, eleviamo le nostre preci a Dio Padre onnipotente per mezzo di Gesù Cristo, affinché, per intercessione della Beata Maria Vergine e di tutti i suoi Santi, sostenga con la sua grazia ciò che stiamo per compiere.

Pausa di silenzio

Il Santo Padre:
Ascolta, ti preghiamo o Signore benigno le nostre preci, affinché quello che con il nostro servizio facciamo, sia a te gradito e sia di incremento alla tua Chiesa. Per Cristo nostro Signore.

Seconda petizione
 
Il Prefetto:
Confortata dall'unanime preghiera, Beatissimo Padre, la Santa Chiesa torna a chiedere con maggior forza che Vostra Santità voglia iscrivere questi suoi eletti figli nell'Albo dei Santi.

Il Santo Padre:
Invochiamo dunque lo Spirito vivificante, perché illumini la nostra mente e Cristo Signore non permetta alla sua Chiesa di errare in un'opera così importante.

La schola e l'assemblea cantano alternativamente l'inno Veni, creator Spiritus.

Terza petizione

Il Prefetto:
Beatissimo Padre, la Santa Chiesa, confidando nella promessa del Signore di inviare su di essa lo Spirito della Verità, che in ogni epoca mantiene il supremo Magistero immune dall'errore, supplica con grandissima forza Vostra Santità di voler iscrivere questi suoi eletti figli nell'Albo dei Santi.

Formula di canonizzazione

Ad onore della Santissima Trinità,
per l’esaltazione della fede cattolica
e l’incremento della vita cristiana,
con l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo,
dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra,
dopo aver lungamente riflettuto,
invocato più volte l’aiuto divino
e ascoltato il parere di molti
Nostri Fratelli nell’Episcopato,
dichiariamo e definiamo Santi i Beati

GIACOMO BERTHIEU
PEDRO CALUNGSOD
GIOVANNI BATTISTA PIAMARTA
MARIA DEL MONTE CARMELO SALLÉS Y BARANGUERAS
MARIANNA COPE
CATERINA TEKAKWITHA
ANNA SCHÄFFER

e li iscriviamo nell’Albo dei Santi
e stabiliamo che in tutta la chiesa essi siano
devotamente onorati tra i Santi.
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
 
Vengono collocate accanto all’altare le reliquie dei nuovi santi insieme ai ceri

Te deum

Il Prefetto ringrazia il Santo Padre:
Beatissimo Padre, a nome della Santa Chiesa ringrazio Vostra Santità per la proclamazione e Vi prego di voler disporre che venga redatta la Lettera Apostolica circa la Canonizzazione avvenuta.

169 - SETTE NUOVI SANTI TRA CUI PADRE PIAMARTA


168 - SALVEZZA

da "i pensieri di padre Piamarta"
 
Ed io, come Simeone, prendo dalle braccia di Maria il figlio Gesù. Questo Gesù per i suoi meriti, per le sue piaghe, per il suo sangue, io lo presento al Padre, perché nessuna di queste giovanette si abbia a perdere. «Domine quos dedisti mihi non perdidi ex eis quemquam» (Ho perso nessuno, o Signore, tra tutti quelli che mi hai affidato).

Un grande imperatore, mosso dalla fama di S. Nilo, lo andò a visitare e dopo un lungo colloquio, partendo, gli offrì molti preziosi regali. Ma il Santo, ringraziandolo umilmente, non li volle accettare. Allora l'Imperatore rispose: «Poiché non volete alcun dono, domandatemi qualche favore per voi o per parenti ed amici».
«Oh! questo sì», rispose S. Nilo. «La grazia che io domando a vostra maestà eccola: «Salva animan tuam. Salvatevi! Salvatevi». Ecco, devotissimo figliuolo, la grazia che io domando al Signore per voi stesso e la chiedo anche per me: «salvemus animas nostras». Sì, perché è tremenda l'alternativa: o io mi salvo o io mi perdo per sempre.

Citando un pensiero di S. Agostino, il Padre dice che «ha un cuore duro chi non si commuove alla vista di un uomo che cammina verso la perdizione eterna». E aggiunge: “il nostro cuore è veramente di bronzo ed insensibile, se vedendo un meschino cadere nel baratro eterno, potendolo salvare, non si impegna a farlo. Se dobbiamo sentire pietà a fare questo per persone sconosciute, quanto più lo dovremo fare per i nostri amici e fratelli in Cristo”.
 

lunedì 19 novembre 2012

166 - UNA FAMIGLIA PER LE FAMIGLIE

"Primo incontro con padre Piamarta" di Pier Giordano Cabra

Capitolo ottavo

1. Padre Piamarta agli inizi dell’Istituto Artigianelli aveva avuto due giovani collaboratori straordinari: il chierico Emilio Bongiorni e Dominatore Mainetti, destinati a diventare il primo Vescovo Ausiliare di Brescia e il secondo Sindaco di Brescia. Sempre tra i primi collaboratori, furono preziosi alcuni ex pavoniani, che vivevano con monsignor Capretti. Anche alcuni sacerdoti e laici e poi alcuni alunni si unirono a lui, per condividere la sua missione e la sua vita laboriosa, impegnativa, assorbente.

2. Ma il Padre voleva attorno a sé qualche cosa di più di un gruppo di collaboratori. Voleva creare una comunità stabile che fosse come una famiglia, dove si vivesse assieme, si pregasse assieme, si lavorasse assieme, ci si aiutasse reciprocamente a servire i giovani. Questo ambiente avrebbe contribuito a far respirare il clima di famiglia ai ragazzi, quasi a “dare una famiglia a chi non l’ha” e a preparare i giovani a quegli atteggiamenti di rispetto, di accoglienza, di attenzione, che sono le premesse insostituibili per la creazione di una famiglia.

3. Ed ecco nascere la “Congregazione Sacra Famiglia di Nazareth”, formata da un gruppo di sacerdoti e laici che si impegnano a dedicare tutta la loro vita al servizio di Dio e dei giovani, ispirandosi al modello della Santa Famiglia. La Santa Famiglia ispira a vivere uno stile fraterno, che si esprime – come dice il Padre – “nella pazienza, carità, cordialità, procurando d’essere tra noi affabili, abbondare e sovrabbondare in dolcezza. Questo spirito deve penetrare nel profondo del cuore della nostra santa Istituzione”. Una famiglia stabile, destinata a rinnovarsi e a continuare la sua opera nel tempo. 

 4. La Santa Famiglia diventa dunque “la Famiglia per le famiglie”, sia per quella religiosa, sia per quella con e per i ragazzi, sia per quella che i ragazzi un giorno formeranno.

5. In una famiglia non può mancare l’elemento femminile. E il Padre, assieme alla Madre Elisa Baldo, dà origine anche alle “Ausiliarie della Santa Famiglia”, che prenderanno poi il nome di “Umili Serve del Signore”, una Congregazione che è stata insostituibile collaboratrice e sostegno nelle opere piamartine per parecchi decenni e alla quale va tutta la ammirata riconoscenza dei figli di Padre Piamarta.

6. Il modello scelto è dunque la Santa Famiglia di Nazareth: il richiamo a Nazareth non è casuale. Nazareth è anche il luogo dove il lavoro viene santificato, perché qui ha lavorato manualmente il Figlio di Dio. Se l’esaltazione culturale del lavoro è necessaria per riscoprirne l’eminente dignità, le potenzialità di realizzazione della persona, il contributo alla società e al progresso, tuttavia non è sufficiente per cancellare l’aspetto logorante, la fatica e le delusioni che lo accompagnano. Lo sguardo a Nazareth aiuta a mettere il lavoro nella giusta prospettiva della partecipazione al sudore redentivo della Santa Famiglia: chi lavora e suda con Gesù non perde la sua ricompensa.

7. Padre Piamarta invita ad andare spiritualmente a Nazareth anche per scoprire il valore della quotidianità: per chi guarda a Nazareth l’oscurità del quotidiano, – “il terribile quotidiano” – viene illuminata e acquista una nuova dimensione. A Nazareth, lontano dai riflettori, cresceva il Figlio di Dio. Nella monotonia del quotidiano siamo invitati a scoprire il Figlio di Dio che desidera crescere in noi, per avere luce e pace e per portare luce e pace.

165 - IN PIAZZA SAN PIETRO - ROMA


164 - UNA FAMILIA PARA LAS FAMILIAS

"Primer encuentro con P. Piamarta" de Pier Giordano Cabra

CAPÍTULO OCTAVO

Padre Piamarta en los inicios del Instituto Artigianelli tuvo dos jóvenes colaboradores extraordinarios: el seminarista Bongiorni y Dominatore Mainetti. El primero será Obispo Auxiliar de Brescia y el segundo Alcalde de la ciudad. Siempre entre los primeros colaboradores, fueron de gran ayuda algunos ex pavonianos, que vivían con Monseñor Capretti. Algunos sacerdotes y laicos, así como algunos alumnos, se unieron a él para compartir su misión y su vida laboriosa, esforzada y exigente.
 
Padre Piamarta siempre quiso consigo algo más que un grupo de colaboradores. Él quería crear una comunidad estable que fuese como una familia, donde vivieran juntos, rezaran juntos, trabajaran juntos y se ayudaran recíprocamente a servir a los jóvenes. Este ambiente ayudaría a sentirse en un clima de familia a los niños y jóvenes, "dando una familia a quien no la tiene y enseñándoles a tener una actitud de respeto, acogida y atención, que son la premisa insustituible para la creación de una familia.

De esta manera fue que nació la Congregación Sagrada Familia de Nazareth, formada por un grupo de sacerdotes y laicos que se empeñan en dedicar toda su vida al servicio de Dios y de los jóvenes, inspirándose en el modelo de la Santa Familia. Ella conduce a vivir un estilo fraterno, que se expresa - como dice Padre Piamarta - "en la paciencia, caridad, cordialidad, procurando ser entre nosotros amables y llenos de dulzura. Este espíritu debe penetrar en lo profundo del corazón de nuestra santa Institución".
 
Siendo una familia estable, destinada a renovarse y a continuar su obra en el tiempo, la Sagrada Familia se convierte en "la Familia para las familias", tanto para la congregación religiosa, como para los niños y jóvenes y las familias que ellos mismos formarán.

Y como en una familia no puede faltar el elemento femenino, Padre Piamarta, junto a la Madre Elisa Baldo, dio origen también a las "Auxiliadoras de la Sagrada Familia", que luego tomarán el nombre de "Humildes Siervas del Señor", una Congregación que es un apoyo y una insustituible colaboradora en las obras piamartinas durante muchos años y a la cual va todo el admirado reconocimiento de los hijos de Padre Piamarta.

El hecho de que el modelo elegido sea la Sagrada Familia de Nazareth no es casual. Nazareth es el lugar donde el trabajo es santificado, porque ahí fue donde trabajó con las manos el Hijo de Dios. Si la exaltación cultural del trabajo es necesaria para descubrir la eminente dignidad, las potencialidades de realización de la persona, el aporte a la sociedad y al progreso, no es suficiente, sin embargo, borrar la fatiga y las desilusiones que lo acompañan. Mirar a Nazareth ayuda a hacer el trabajo en la justa perspectiva de la participación en el sudor redentor de la Sagrada Familia.

 Padre Piamarta ayuda a ir espiritualmente a Nazareth, también para descubrir el valor de la cotidianidad: para quien mira a Nazareth, la oscuridad de lo cotidiano, "el temible día a día" es iluminado y adquiere una nueva dimensión. En Nazareth, lejos de las grandes luces, creció el Hijo de Dios. En la monotonía de lo cotidiano estamos invitados a descubrir al Hijo de Dios que desea crecer en nosotros, para tener luz y paz, así como también para llevarla a los demás.

sabato 17 novembre 2012

163 - AL DIVINO AMORE - ROMA


162 - DON G. PIAMARTA A GIUSEPPE MONTINI(1)

Lettere di padre Piamarta e dei suoi corrispondenti

2.

Brescia, S. Alessandro (2), 23 marzo 1878
Carissimo Giuseppe,
Certo che io questa volta faccio proprio una gran brutta figura col mio Giuseppino! Non rispondere mai alla tua lettera inviatami or fanno quasi due mesi, e ciò dopo tante promesse che ti avrei subito risposto. Caro ,... è gran ventura per me che la tua Sig.ra Mamma (3) ha la bontà di farmi da avvocato e trattare presso di te la mia causa, perché così spero di uscirne giustificato meglio assai che io non saprei fare con due fogli di ragioni scritte.
Sai che la tua letterina tanto bella mi tornò sommamente gradita? Ero cotanto ansioso di aver tue nuove! Nello scorrerla non potei tenermi dall'esclamare: benedetto sia il Signore che nella sua bontà continua a mantenere anzi ad accrescere nel cuore del mio Giuseppe quei sentimenti così squisiti di fede e di amor di Dio che io ho veduto svolgersi in te e pei quali sentiva di doverti amare con parzialità di affetto!
Tu dunque vuoi proprio farti santo! me lo dice chiaro la soluzione che hai presa di aggregarti tra i Figli di Maria... Dunque tu adesso concepirai sempre abborrimento maggiore al peccato, studiando di evitare anche i piccoli difetti avvertiti onde viepiù piacere agli occhi purissimi di Maria SS.ma. Sei figlio di Maria (4)! Dunque io vivo sicuro che assumerai un contegno che sarà di edificazione e di esempio ai tuoi fratelli e a quanti ti avvicineranno. La tua Sig.ra Mamma avrà la consolazione di vedere il suo Giuseppe studiosissimo, pronto non solo a non preterire mai i suoi comandi, ma a prevenire i desideri, perché tu dovrai vedere sempre nella volontà di tua Madre, quella di Maria SS.ma. Oh! sta pur sicuro che Maria ti ha già tolto a proteggere qual suo carissimo figlio come fece con S. Filippo, S. Luigi Gonzaga e S. Stanislao Kostka... (5)  e tu da questa protezione non tarderai a provarne i preziosissimi effetti. Il demonio, invidioso com'è del tuo bene, userà ogni arte onde strapparti da Lei... e tu ripeti ogni giorno fedelissimamente appena svegliato il «Sub tuum  praesidium›› a M.V.; fra giorno specialmente se tentato, usa di frequente della giaculatoria di S. Filippo Neri, che tu devi ben ricordare, «Vergine SS.ma Madre di Dio e di Filippo, pregate Gesù per me››; Maria così invocata verrà in tuo aiuto, e i piani del demonio saranno sconcertati appieno. .
Grazie infinite a te e alle tue sorelline (6) perché mi avete presente nelle vostre orazioni... prego te, le tue sorelle a non stancarsi dal farlo anche per lo innanzi... ve ne sarò sempre riconoscentissimo. Il Rev.do sig. Prevosto (7), tutti i compagni dell'Oratorio (8) gradirono moltissimo i tuoi saluti e te li ricambiano caramente. Riverisci a mio nome il tuo fratello Giorgio (9), digli che lo ricordo sempre con interessamento.
Ciao Giuseppino. Sta allegro..., ma sii tutto di Gesù; io ti pregherò da Lui nella S. Messa la grazia ogni giorno che ti stabilisca sempre nei tuoi santi propositi.
Aspetto presto una seconda tua lettera, alla quale verrà subito dietro la mia risposta, te lo prometto.
Ricevi con affetto un bacio dal tuo
Aff.mo PIAMARTA D. GIOVANNI

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(1) Giuseppe Montini (Concesio 1867 - Brescia 1953) era allora undicenne studente di 1^ Ginnasio a Padova. Si laureerà poi il 16 luglio 1891 in medicina a Padova ed eserciterà la professione a Brescia, sulla «Prince Line›› come medico di bordo e dal 1899 al 1901 a Bagolino, per poi stabilirsi a Brescia. Molto stimato, largo con i poveri, è fra i fondatori della Poliambulanza e fra i sostenitori del Dispensario Antitubercolare e di numerose iniziative benefiche ed assistenziali. Appassionato di ogni problema culturale, fu ammiratore di Dante e di Manzoni e poeta estemporaneo. Ha lasciato: Ricordi di un vecchio medico (Brescia 1947) e una vastissima raccolta inedita di riflessioni e ricordi. Cfr. P. GUERRINI, Dott. Cav. Giuseppe Montini, Memorie storiche della Diocesi di Brescia..., vol. XX, 1953, p. 109; A. FAPPANI, Giorgio Montini, Cronache di una testimonianza, Roma 1974, p. 11 e passim.
(2) La parrocchia di S. Alessandro, la cui chiesa e canonica furono erette nel 1136 dal vescovo Manfredo, fu poi una delle più rilevanti ed estese parrocchie cittadine, legata al convento dei Servi di Maria. Soppressi i quali, la parrocchia passò al clero secolare.
(3) Francesca Buffali (21 dicembre 1835 - 23 febbraio 1921) figlia del dottor Giorgio, primario negli Ospedali di Brescia e di Elisabetta Onofri, fu donna di elette virtù.
(4) Termine non facilmente spiegabile. Non si conosce una confraternita o associazione sotto questo titolo. Salvo che non si intenda l'ascritto alle congregazioni mariane.
(5) Sulla devozione ai santi e specialmente a S. Filippo Neri di p. Piamarta cfr. Alle sorgenti della spiritualità di Padre Giovanni Piamarta. I Santi di Padre Piamarta, Centro piamartino di spiritualità. Brescia 1985.
(6) Si accenna probabilmente a Elisabetta (1860-1943), Agnese (1868-1922), Paolina (1869-1919), e Maria (1872-1951), sorelle di Giuseppe Montini.
(7) Don Pancrazio Pezzana nato a Brescia il 26 marzo 1819. Sacerdote nel 1843, dopo alcuni anni di cura d’anime fu insegnante, nel ginnasio vescovile, di storia naturale, storia civile e geografia. Nel 1853 passava parroco a Vallio. Nel 1863 diventava arciprete di Bedizzole e nel novembre 1870 prevosto di S. Alessandro in città. Fu per p. Piamarta un padre amoroso; lo volle accanto a sé a Bedizzole e a S. Alessandro e lo assecondò per primo nel suo apostolato giovanile (cfr. L. FOSSATI, P. Giovanni Piamarta. Dalla nascita alla prima fondazione 1841-1888, Brescia 1972, vol. I, pp. 51-54).
(8) Venne fondato intorno al 1860-1865 da don Bortolo Gussago, col nome di S. Maria della Pace, avendo sede appunto nella chiesetta con tale nome allora esistente in via Tosio 9, poi trasformata in teatro e in fine abbattuta. Con don Giovanni Piamarta, che ne fu il secondo direttore, l'oratorio rinacque nel 1876 a vita nuova, prese quell'impronta tipicamente parrocchiale che poi conservò sempre. Venne infatti trasferito a S. Alessandro.
(9) Giorgio Montini (Brescia 1860-1943) fratello di Giuseppe. Giovanissimo entrò nel movimento cattolico. Laureatosi a Padova in diritto, nel 1881 divenne direttore del Cittadino di Brescia e lo fu fino al 1913. Assieme s'impegnò a fondo come presidente del Circolo della Gioventù Cattolica, promotore di società operaie, di istituzioni benefiche, di manifestazioni religiose, di pellegrinaggi, di organismi e uffici di informazioni sociali economiche. Fu il principale artefice dell'alleanza cattolico-moderata e guidò le lotte amministrative e politiche dei cattolici, fu consigliere, assessore comunale, ricoprì la presidenza nazionale dell'Unione Elettorale Cattolica e fu deputato al Parlamento per il P.P.I. (dal 1919 al 1926). Cfr. A. FAPPANI, Giorgio Montini. Cronache di una testimonianza, Roma 1974. È singolarmente significativo quel «riveriscimi» segno di una singolare stima che non si può non definire particolare.

161 - LE MANI DEI SANTI




Chiave di lettura

Le mani di padre Piamarta hanno realizzato sulla terra i progetti d'amore di Dio, confermando e perfezionando la creazione uscita dalle mani di Dio.

Autore dell'opera: Candida Gottardi


venerdì 16 novembre 2012

160 - ATTACCHI INDEGNI E AGGIORNAMENTO

07. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano Cabra

Brescia, maggio 1911

In questi giorni ho avuto un carteggio piuttosto vivace con il Vescovo di Cremona, monsignor Geremia Bonomelli, questo “illustre prelato bresciano, illuminato scrittore che sa presentare le verità del cristianesimo ai dotti e agli indotti del nostro tempo e che tuttavia viene tanto attaccato” dagli ultraconservatori che lo accusano ingiustamente di modernismo. Gli avevo segnalato una favorevolissima recensione delle sue due ultime pubblicazioni da parte della Civiltà Cattolica che diceva: “L’Illustre Vescovo di Cremona, con quel dono tutto suo di sviscerare le questioni del giorno e di proporne con singolare splendore d evidenza, calore di facondia ed effusione di affetto, le soluzioni più sicure riducendole ai dettami delle dottrine cattoliche, discorre degli scioperi e della proprietà, da vero maestro, padre e pastore per guisa che la lettura sembra viva, sgorgargli dal cuore, e lascia nell’animo la persuasione e la soddisfazione della verità conosciuta…Le due opere se largamente diffuse in mezzo ai Padroni e agli Operai, basterebbero a far cessare le funeste lotte che li dividono, a spegnere gli odii, a comporre dissidi, a ristabilire la pace sociale con la fratellanza evangelica ”.
Monsignor Bonomelli mi risponde che è lieto della segnalazione, ma teme che le cose non stiano andando verso il meglio:”Se verrete a trovarmi mi farete un favore! E discorreremo di un mondo di cose. L’ora è grigia, i lampi guizzano; brontola il temporale e forse la gragnuola farà una non desiderata visita”. Non so se avrò salute e tempo per fare una visita al caro Vescovo, che con si suoi scritti si rivolge a “anime inquiete, turbate, tormentate dai grandi problemi religiosi”, le avvicina alla fede, ne converte non poche, eppure, come mi scrive nell’ultima lettera, “riceve biasimi e forti anche da Vescovi e pubblici. Ah, caro Piamarta! Quanto male ha fatto e fa certo spirito acre, fiero!”.
Attacchi indegni
Quello che mi rattrista è che ora gli attacchi si dirigono anche contro quel sant’uomo che è l’arcivescovo di Milano, il cardinale Ferrari, accusato anch’esso di modernismo. Quanto siamo lontani dallo spirito del Vangelo con queste accuse, insinuazioni, sospetti, che vengono gettati contro i fratelli nella fede e contro i Pastori. E per di più questi attacchi vengono da persone che si vantano di avere appoggi in alto! Dovrebbero venire qui in mezzo ai miei ragazzi questi sapienti che parlano di cose talmente alte, che perdono il contatto con la realtà. Se invece di dividere le forze, si unissero per servire i più poveri con la vera carità, sia intellettuale, sia operativa, come investirebbero al meglio il loro ingegno. Invece con la loro litigiosità seminano zizzania, con la loro aggressività vedono avversari là dove ci sono dei potenziali alleati per trovare soluzioni costruttive. Monsignor Bonomelli è un nostro benefattore e collabora con la nostra Libreria editrice Queriniana, alla quale ha affidata la stampa e diffusione del suo magistrale libro Il giovane studente. Riguardo alla mia richiesta di rifare una nuova edizione, aggiornata, di quest’ opera “di capitalissima importanza” per la gioventù, egli mi risponde: “Dovrei ringiovanirlo. Ma vi sono due difficoltà: la prima è gravissima, gli 80 anni con i loro regali soliti. La seconda affatto insuperabile. Se lo rifacessi come vorrei e dovrei, sarei un modernista e apriti o cielo! A questi lumi di luna mi tirerei addosso un uragano e qualche cosa di peggio. Le idee camminano, corrono, galoppano, precipitano e cosa sarà tra cinquant’anni? Noi due non ci saremo e basta… E quando farete una corsa a Cremona? C’è un mondo di cose da dire. Scrivetemi e ditemi quando”. La lettera termina con una richiesta di aiuto:”Una povera cieca mi scrive l’unita lettera. A Brescia potreste voi trovare un buco? Povera cieca ! Lo merita”. La maggior parte delle lettere si chiudono chiedendo aiuto. Solo la Provvidenza sa come è possibile venire incontro a tante necessità. Ma “la c’è la Provvidenza”!

159 - UNO DI NOI - SEMPRE CON NOI

mercoledì 14 novembre 2012

158 - MISSA NA FESTA DE SÃO JOÃO BATISTA PIAMARTA

ANTÍFONA DA ENTRADA Mt 5, 19

 “Quem guardar os mandamentos e os ensinar será grande no reino dos céus”, diz o Senhor.                       

COLETA

Ó Deus, que concedestes ao sacerdote São João Batista Piamarta a luz da sabedoria para educar os jovens a viver como cristãos no trabalho, na família e na sociedade, pela sua intercessão concedei-nos atuar colocando toda a nossa confiança no vosso paterno amor.
Por nosso Senhor Jesus Cristo, vosso Filho, que é Deus convosco na unidade do Espírito Santo.

SOBRE AS OFERTAS
Acolhei, ó Deus, as oferendas do vosso povo em honra de São João Batista Piamarta, e pela participação neste sacrifício, dai-nos expressar na nossa vida a força da vossa caridade.
Por Cristo nosso Senhor.

ANTÍFONA DA COMUNHÃO Mt 18, 3

 “Se não vos converterdes e não vos tornardes como crianças, de modo algum entrareis no reino dos céus”, diz o Senhor.

APÓS A COMUNHÃO

O sagrado alimento que recebemos nos sustente, Senhor, para que, com o exemplo de São João Batista Piamarta, possamos ser testemunhas em pensamentos e ações da luz da vossa verdade e do amor para com nossos irmãos.
Por Cristo nosso Senhor.


LECIONÁRIO

I LEITURA   At 4, 32-35
 
Do Livro dos Atos do Apóstolos (4, 32-35)
A multidão dos fiéis era um só coração e uma só alma. Ninguém dizia que eram suas as coisas que possuía: mas tudo entre eles era comum. Com grande coragem os Apóstolos davam testemunho da ressurreição do Senhor Jesus. Em todos eles era grande a graça. Nem havia entre eles nenhum necessitado, porque todos os que possuíam terras ou casas vendiam-nas e traziam o preço do que tinham vendido e depositavam-no aos pés dos Apóstolos. Repartia-se então a cada um deles conforme a sua necessitade.

SALMO RESPONSORIAL Sal 15 (16)

 R. Sois vós, Senhor, meu único bem.

Guardai-me, ó Deus, porque em vós me refugio.
Eu disse ao Senhor: Vós sois o meu Senhor;
além de Vós não tenho outro bem.
Vós sois a porção da minha erança e meu cálice:
nas vossas mãos está toda a minha vida.

Bendigo ao Senhor que me aconselha;
até minha alma me ensina de noite.
Tenho posto o Senhor continuamente diante de mim:
ele está à minha direita, não serei abalado.

Vós me fareis conhecer a vereda da vida;
na vossa presença há plenitude de alegria,
à vossa mão direita há delícias perpetuamente.

II LEITURA Gal 2, 19-20

Da Carta do Apóstolo Paulo aos Gálatas (2, 19-20)

Irmãos, na realidade, pela fé eu morri para a Lei, a fim de viver para Deus. Estou pregado à cruz de Cristo. Eu vivo, mas já não sou eu, é Cristo que vive em mim; a minha vida presente, na carne, eu a vivo na fé no Filho de Deus, que me amou e se entregou por mim. Não menosprezo a graça de Deus; mas, em verdade, se a justiça se obtém pela Lei, Cristo morreu em vão.

ACLAMAÇÃO AO EVANGELHO Mt 11, 25

Alleluia, alleluia.
Graças vos damos, ó Pai, Senhor do céu e da terra, porque revelastes aos pequeninos os mistérios do vosso Reino.
Alleluia

EVANGELHO Mc 10, 13-16

Evangelho de Jesus Cristo segundo Marcos (10, 13-16)
Apresentaram-lhe então crianças para que as tocasse; mas os discípulos repreendiam os que as apresentavam. Vendo-o, Jesus indignou-se e disse-lhes: “Deixai vir a mim os pequeninos e não os impeçais; porque o reino de Deus é daqueles que se lhes assemelham. Em verdade vos digo, todo o que não receber o reino de Deus com a mentalidade de uma criança, nele não entrará.” Em seguida, ele as abraçou e as abençoou, impondo-lhes as mãos.
 

domenica 11 novembre 2012

157 - CON JÚBILO SE CELEBRÓ LA RECIENTE CANONIZACIÓN DE SAN JUAN PIAMARTA EN LA CATEDRAL DE SANTIAGO DEL CHILE

Durante la misa, el Arzobispo de Santiago, monseñor Ricardo Ezzati, hizo un llamado vocacional a los jóvenes presentes. “Sean como san Juan Bautista Piamarta, no sentirán en su vida el arrepentimiento por haber seguido a Jesús más de cerca”, aseguró.

Sabado 10 de Noviembre del 2012

La Catedral de Santiago recibió a niños, jóvenes, apoderados y docentes de los establecimientos educacionales inspirados por san Juan Piamarta el sábado 10 de noviembre. Todos ellos, junto a monseñor Ricardo Ezzati, Arzobispo de Santiago, el cardenal Francisco Javier Errázuriz, el reverendo padre Humberto Loyola, superior regional de los Padres de la Sagrada Familia de Nazaret y monseñor Héctor Gallardo, Vicario General de Pastoral, celebraron la canonización del sacerdote italiano oficiada el 23 de octubre pasado en la Ciudad del Vaticano.

Banderines, pañoletas y lienzos adornaban un ambiente festivo. Al inicio de la celebración, se recordaron las palabras con las que el Papa Benedicto XVI destacó el testimonio del religioso para la Iglesia Universal. San Juan Piamarta “fue un gran apóstol de la caridad y de la juventud. Percibía la urgencia de una presencia cultural y social del catolicismo en el mundo moderno. Por eso se dedicó a hacer progresar cristiana, moral y profesionalmente a las nuevas generaciones con claras dosis de humanidad y bondad”, dijo. Para responder a este regalo, su familia espiritual en Chile se comprometió a renovarse en la educación y la acogida a jóvenes y niños.

Fe, compromiso y oración

En su homilía, monseñor Ezzati agradeció el reconocimiento a la vida de san Juan Piamarta. “Es la Iglesia entera que se siente bendecida por la presencia salvadora de Jesús, que se siente enaltecida por la gracia de Dios y que se siente confortada en su camino hacia la patria definitiva”, detalló.

A continuación mencionó tres grandes lecciones que el nuevo santo entrega como desafíos para hoy. La primera fue su seguimiento de Cristo. Este “es el regalo más grande que recibió en su vida y que supo hacer crecer e su corazón y en sus obras”, sostuvo. Y “es el regalo que Dios a través de él, nos ofrece también a nosotros”, agregó. Sobre todo en este Año de la Fe, hay que agradecerla, dijo, pues se injerta en nuestra propia vida para que producir frutos abundantes.

La segunda característica de este sacerdote es haber sido un apóstol de la caridad, tal como lo identificó el Papa. El amor que experimentó en su vida, lo transformó en amor a los demás, explicó el Arzobispo de Santiago. En especial a los más pequeños, pobres y con un futuro incierto, profundizó. En su labor educativa y de acogida “supo ofrecer a jóvenes y niños un camino que reflejara el amor que Dios tiene por sus hijos”, añadió en su homilía. También nosotros estamos desafiados a superar el individualismo para aprender que seremos plenamente desarrollados solo cuando quienes nos rodean también gocen de los beneficios del crecimiento económico, expresó monseñor Ezzati.

Toda esta acción fue imposible de llevar a cabo sin una profunda amistad con Jesucristo en la oración. Especialmente en la Eucaristía encontró la fuerza para vivir su vida de santo, dijo el Pastor. Y esta es también una lección para nuestro tiempo. “No podemos realizar el proyecto de Dios si no encontramos en él la fuerza para la misión”, manifestó.

Dirigiéndose a los jóvenes, aseguró que “la Iglesia sabe que puede confiar en ustedes” y anheló encontrar en ellos “aquellos cristianos que de verdad quieren ser testigos del amor de Dios en medio del mundo”.

Tras la bendición final, monseñor Ezzati presentó una reliquia del nuevo santo para la veneración de la feligresía nacional.

Fuente: Comunicaciones Santiago www.iglesiadesantiago.cl

Santiago, 10/11/2012

156 - FIESTAS PARA LA CANONIZACION EN CHILE


sabato 10 novembre 2012

155 - GLI IMBECILLI E L'AGRICOLTURA

"Primo incontro con padre Piamarta" di Pier Giordano Cabra
 
Capitolo settimo

1. “Tutti gli imbecilli credono di riuscire in agricoltura”. Chi entrava anni fa nell’Istituto Bonsignori, a Remedello, si trovava scritta in bella e grande calligrafia sulla destra questo aforisma. Il detto non era del Bonsignori, ma esprimeva bene la sua concezione dell’agricoltura, da lui pensata come “arte, scienza e ricchezza”.

2. Il Bonsignori era un parroco studioso, divenuto esperto agronomo perché mosso dalla preoccupazione di vincere l’estrema povertà della sua gente, prostrata dalle malattie per denutrizione, costretta ad emigrare per sfuggire alla fame. “Possibile – si interrogava l’intelligente pastore d’anime – possibile che la terra sia così matrigna da non sfamare i suoi figli?”. Immersosi negli studi dei più accreditati agronomi e chimici d’Europa, trova un metodo per moltiplicare per quattro volte e persino sei volte la produzione dei cereali e ne diventa subito il diffusore, tanto da meritare il titolo di “apostolo della nuova agricoltura”. Le sue opere di divulgazione hanno notevole successo e vengono tradotte anche in altre lingue.

3. Un giorno don Giovanni Bonsignori si ferma a pranzo all’Istituto Artigianelli e, conversatore brillante, racconta le meraviglie della nuova agricoltura, incantando i presenti. Padre Piamarta, che da tempo era assillato dal problema dell’esodo dalla terra di tanti giovani, pensa subito “Ecco l’uomo che cercavo”. E gli propone di creare assieme una scuola dove queste idee possano essere diffuse. Tra gli applausi dei presenti il parroco agronomo accetta.

4. L’idea è geniale. Ma … i mezzi? Piamarta attende il via dalla Provvidenza, la quale gli fa arrivare un lascito di parecchi ettari di terreno. Nasce così la “Colonia Agricola” di Remedello, che inizierà la sua attività nel 1895, come scuola pratica di agricoltura, all’insegna del programma “dalla terra ai libri”. Scuola che in breve tempo sarà conosciuta in tutta Italia, Francia e Belgio, donde vengono a formarsi direttori di fondi come pure piccoli e medi agricoltori.

5. Padre Piamarta realizza qui il suo sogno di “santità sociale”, di contribuire, cioè, a “migliorare la società” grazie al risanamento dell’artigiano, del contadino e della loro famiglia...
Qui anche il suo piano di formare uomini completi si chiarisce ulteriormente: Bonsignori curerà la scienza, Piamarta la coscienza. Il primo l’arte di coltivare la terra, il secondo l’arte di coltivare il cuore. Il primo l’arte del produrre, il secondo l’arte del buon uso della produzione. L’uno formerà il tecnico ricercato, l’altro l’uomo stimato. Il primo l’imprenditore moderno, il secondo l’uomo eterno. L’uno insegnerà come riempire i granai della propria azienda, il secondo come accumulare per i granai della dimora definitiva.

6. Padre Piamarta lascia infatti a Padre Bonsignori la responsabilità tecnica della Colonia Agricola e resterà nell’ombra, garantendo il supporto finanziario ai suoi arditi esperimenti. Ma sarà sempre presente alla Colonia nei momenti formativi dei giovani, preoccupato di mantenere l’equilibrio tra cultura del campo e cultura dello spirito.

7. La Colonia Agricola, che muterà il nome in “Istituto Bonsignori”, resterà per parecchi decenni un punto di riferimento esemplare per un gran numero di agricoltori, grazie anche ad eccellenti direttori, che hanno saputo aggiornare l’intuizione iniziale, promovendo affollati “Congressi agrari”, sostenendo la pubblicazione del periodico “La Famiglia agricola”, innovando nel settore zootecnico.
Ancora oggi si legge sull’edificio centrale la scritta dell’istituto: “Padre Piamarta per i figli dei campi”, un giusto riconoscimento dato all’autore della crescita umana e cristiana dei giovani agricoltori, per i quali egli ha creato quest’opera unica nel suo genere, assecondando la genialità del Bonsignori.

154 - GIOVANI E INSEGNANTI DEL CENTRO PADRE PIAMARTA DI MILANO A ROMA PER LA CANONIZZAZIONE DI PADRE PIAMARTA


153 - LOS SIN FUTURO Y LA AGRICULTURA

"Primer encuentro con P. Piamarta" de Pier Giordano Cabra

CAPÍTULO SÉPTIMO

“Cualquiera cree tener éxito en agricultura".
Quien entraba hace algunos años en el Instituto Bonsignori, en el pueblo de Remedello, se encontraba con esta frase escrita en una linda y gran caligrafía. La frase no era de Padre Juan Bonsignori, pero expresaba bien su concepción de la agricultura, pensada por él como "arte, ciencia y riqueza".

Padre Juan Bonsignori era un párroco estudioso, convertido en un experto agrónomo, movido por la preocupación de vencer la extrema pobreza de su gente, postrada por la enfermedad de la desnutrición, obligada a emigrar para huir del hambre."¿Es posible - se preguntaba el inteligente pastor de las almas - que la tierra sea como una madre incapaz de alimentar a sus hijos?".
Se dedicó a estudiar a los más prestigiosos agrónomos y químicos de Europa, encontrando un método para multiplicar por cuatro e, incluso, seis veces la producción de cereales, convirtiéndose rápidamente en el difusor de este descubrimiento, mereciendo el título de "apóstol de la nueva agricultura". Sus obras de divulgación tuvieron un éxito notable y fueron traducidas a varias lenguas.

Un día Padre Juan Bonsignori almorzando en el Instituto Artigianelli se puso a contar las maravillas de la nueva agricultura y, como un orador brillante, encantó a los que lo escuchaban. Padre Piamarta, que desde hace un tiempo estaba complicado por el éxodo de tantos jóvenes, pensó: "Aquí está lo que buscaba". Y le propuso a padre Bonsignori crear juntos una escuela donde estas ideas pudieran ser difundidas. Entre los aplausos de los presentes el párroco agrónomo aceptó.

La idea es genial, pero… ¿los recursos? Piamarta espera la ayuda de la Providencia, la cual le hizo llegar la donación de unas dos hectáreas de terreno. Nace así la Escuela Agrícola de Remedello, en el sur de Brescia, la que iniciará sus actividades en el año 1895 como escuela práctica de agricultura, enseñando con la guía del programa "de la tierra a los libros". En poco tiempo esta escuela será reconocida en toda Italia, Francia y Bélgica, países desde donde vienen a formarse directores con mucho dinero y, también, pequeños y medianos agricultores.

Padre Piamarta realizó aquí su sueño de "santidad social", de contribuir a "mejorar la sociedad" gracias a la enseñanza del artesano, del agricultor y de sus familias.
Aquí también su plan de formar hombres completos se aclara: Padre Bonsignori se preocupará de la ciencia y Padre Piamarta de la conciencia. El primero es el arte de cultivar la tierra; el segundo es el arte de cultivar el corazón. El primero es el arte de producir; el segundo es el arte del buen uso de la producción. Uno formará al técnico calificado; el otro al hombre respetado. El primero será el emprendedor moderno; el segundo el hombre eterno. Uno enseñará cómo llenar los graneros de su campo; el otro cómo acumular los granos para la cosecha definitiva.

Padre Piamarta deja, de hecho, a Padre Bonsignori la responsabilidad técnica de la Escuela Agrícola y ocupará un segundo plano, garantizando el soporte financiero para sus audaces experimentos. Pero estará siempre presente en la Escuela Agrícola en los momentos formativos de los jóvenes, preocupado de mantener el equilibrio entre cultura del campo y cultura del espíritu.

La Escuela Agrícola, que cambiará el nombre a Instituto Bonsignori, será por varios años un referente ejemplar para un gran número de agricultores, gracias a los excelentes directores que supieron actualizar la intuición inicial, promoviendo masivos "Congresos agrarios", apoyando la publicación del periódico "La Familia agrícola" e innovando en el sector zootécnico.
Incluso hoy se lee en el edificio central de la Escuela Agrícola la frase "Padre Piamarta para los hijos del campo": un justo reconocimiento dado al autor del crecimiento humano y cristiano de los jóvenes agricultores, para los cuales él creó esta obra única en su género, apoyando la genialidad de Padre Bonsignori.

152 - "IL CANE DI DIO"

 

Chiave di lettura

Da "Giovanni Piamarta, tutto per i giovani" di F. Molinari: "Uno scrittore francese afferma che il dolore è il cane di Dio. Un cane benefico da pastore, incaricato di condurre le pecorelle umane lungo i sentieri prestabiliti da Lui". Giovanni Piamarta  molto soffrì, molto sopportò, molto portò agli altri.

Autore dell'opera: Giovanni B. Tomasoni

venerdì 9 novembre 2012

151 - MARGHERITA GUADAGNINI (1) A DON G. PIAMARTA

 Lettere di padre Piamarta e dei suoi corrispondenti

1.
Brescia, 20 maggio 1874
W.G. e M.
In quest'anno vedo in me molti cambiamenti riguardo al modo d'orazione. Prima ch'io facessi il metodo di vita, le mie orazioni si riducevano alle brevissime preghiere della mattina e della sera (se pur anche le diceva), e, tanto in casa come alle funzioni in chiesa, pregava senza saper d'ordinario quel che mi dicessi poiché era completamente distratta.
Parlarmi di meditazione era un parlare arabo per me, e mi pareva opera impossibile a farsi. Io era sempre fredda, indifferente, insensibile, non provava né pene, né gioie. Negli anni addietro, nell'occasione dei SS. Sacramenti, provai grande contentezza ma soltanto che rarissime volte, mentre invece dal tempo che mi misi sotto la direzione del Rev.mo Arciprete Corna (2) (io avea 15 anni e mezzo) in qua, mi ricordo che quasi sempre tanta era la gioia che sentiva in me dopo essere stata l’anima mia lavata nel Sangue prezioso di C.G. e fortificata nel Sacramento d'amore, che, anche per istrada nel ritornare dalla chiesa alla casa, non potea far a meno di sfogarmi col mio Gesù, rompendo in affetti di ringraziamento, d”amore, di gratitudine, di confidente preghiera, e, quantunque immersa in un mar di distrazioni, pure nessuna di queste potea distrarmi dalla dolce ed intima conversazione che teneva con Dio; la quale non aveva fine se non dopo che Gesù m'avea tratto dal cuore per forza d'amore, queste e simili parole: «Sì v'intendo... eccovi il mio cuore, tutta me stessa: son vostra, non voglio amare che Voi», dopo la quale protesta mi sentiva un ardente desiderio di potermi dire - Sposa di tanto Bene - Oh! mio Gesù quanta forza e potenza ha il linguaggio che voi fate sentire alle anime che desiderano d'amarvi! misera me... che corrisposi sì malamente alle vostre dolci chiamate! In mezzo a quest’amaro pensiero della mia ingratitudine mi è di conforto e speranza, o buon Gesù, la vista del vostro Cuore. Intanto il Signore permise nella infinita sua misericordia che mi mettessi sotto la sua direzione. (Maggio 1872 ed io compiva i 16 anni (3). Quivi incominciai prima a pigliar gusto dell'orazione, ad essere più esatta nel recitare le mie preghiere, di più incominciai a fare un po' di meditazione, sempre s’intende coll'aiuto del libro ché il mio intelletto faticava molto a star raccolto ed era incapace di addentrarsi a considerare senza nessun aiuto il soggetto proposto da meditare, il che m’avviene molte volte anche al presente. Intanto per eccesso d'amore l’amabile Gesù disponeva il mio cuore ad unirsi a Lui con un santo vincolo (e si noti che non mi era mai venuto in mente di far il voto prima di quel fatto che mi successe, che divenne poi il mezzo da Dio adoperato perché adempissi questa Sua volontà).
Malgrado la mia somma miseria e la mia mostruosa ingratitudine, mi strinsi con un soave nodo col Diletto del mio cuore, e dopo ciò l’orazione mi tornava diletto e bisogno, e spesse volte fra il giorno, di mezzo agli studi ed al lavoro, sia in casa o in iscuola, e molto più per le strade, innalzava la mia mente, e dirigeva i miei affetti a Colui che già assolutamente era l'unico oggetto dell’amor mio. Oh! potessi qui descrivere le affettuose ed amorevoli premure che l'amabilissimo Sposo esercitava su di me miserabile ed ingrata sua serva! Potessi qui descrivere le dolci chiamate, le sante ispirazioni, gli avvisi, le parole sempre spiranti amore, e talvolta fino le querele ed i lamenti, che mi suggeriva al cuore in causa della mia somma cattiveria. Questo però, se Iddio mi assisterà, colla sua grazia, lo farò in altra occasione. Più il buon Gesù mi favoriva di sue grazie, e più io scorgeva in me un profondo abisso di cattiveria e di ingratitudine, e da questo conoscimento di me stessa, conobbi l'estrema, assoluta, indispensabile necessità di riordinare la mia vita e di attenermi all'osservanza d'un buon metodo. Iddio m'assistette benigno anche in ciò e siccome sentiva bisogno e vivo desiderio d'orazione, così oltre al resto mi prescrissi anche le pratiche di divozione.
Appianata ed ordinata così, come bramava il cuor mio, la via alla virtù, io avrei dovuto mantenermi costante e praticare possibilmente in ogni incontro, anche a costo di qualunque sforzo, la volontà del mio Gesù, che sì chiaramente conosceva: ma no... ah! pur troppo, questo cuor insensibile, duro, freddo, insolente, ebbe l'ardire di quasi quasi non curarsi di metterlo in pratica. Questa sincera confessione mi è pur dolorosa, non per altro che per vedere il modo indegno col quale io ricambio l'amor di Gesù. Ma ora sono risoluta, propongo di emendarmi; di me intieramente diffido, ed in Voi solo, o mio Gesù, pienamente spero e confido. E per tacere di tutto il resto, qui non farò parola che di ciò che riguarda l'orazione. Le confesso, con sincerità e col cuore immerso in profondo dolore di essere stata puntuale nella pratica di queste prescrizioni rarissime volte soltanto, e causa di questo fu la mia poca voglia di far bene e nient`altro, poiché per vili rispetti umani, l’anima veramente risoluta di servir, meglio che può, il suo Dio, non si permette mai di tralasciare il bene, quando non l'impedisca il comando dei superiori.
Oh mio Dio quanta infedeltà! che poco amore è il mio! Eppure m'avete sopportata sì a lungo, non solo, ma mi concedeste ancora nuove grazie, e ricambiaste così la mia ingratitudine con infinito amore! Ah mio Gesù, perdonatemi, che veramente contrita faccia ritorno al vostro Cuore. Ora eccomi ad un punto che mi interessa, vedendo la necessità di essere consigliata. Da qualche tempo in qua sento in me tendenza alla orazione mentale. Per il passato impiegava in ciò un quarto d'ora, e non più; ma adesso, io non so, sento disposizione, desiderio, bisogno insomma di starmene più a lungo, cosicché, se la mattina quando vado in chiesa mi metto subito a meditare, mi passa in questa orazione tutto il tempo che mi vien concesso, e smetto anche col desiderio di continuare ancora. Perciò non poche volte lasciai le orazioni vocali, e la preparazione alla S. Comunione si riduceva a brevi minuti. Che debbo io fare? Per attendere alla meditazione devo tralasciare il resto? R.P[adre], io mi sottometto ai suoi consigli. Ora passiamo ad altro punto non meno importante. La vergogna o, dirò meglio, la ripugnanza che sento ad esprimere la cosa di cui voglio ora trattare, ed insieme l'incapacità di spiegarla, mi tennero sempre lontana dall'aprirmi con Lei; però il buon Gesù che vedeva i miei desideri e la mia miseria, permise, con infinita bontà, che mi capitasse per le mani un libro, come mezzo per conoscere le sue grazie, ed il modo con che si deve corrispondervi. Siane ringraziato e glorificato in eterno. Questo libro è la Storia della propria vita (Cap. XXXII) di S. Teresa (4). Trovai in certi punti ritratto precisamente ciò che avvenne nel mio spirito riguardo all’orazione. Non è a dire il contento che provai in questa occasione, sia perché veniva a conoscere le grazie che il Signore mi ha fatte, mentre prima non ne avea certezza, sì, perché ebbi grande vantaggio dai savii consigli che vi si trovavano.
Io incominciai a vincere, coll'aiuto di Dio, la ripugnanza che aveva da mesi nel mettere in pratica il consiglio più importante per me, quello cioè di manifestarle ciò che succede nel mio interno, per avere poi in Lei, R.P[adre], un maestro che mi istruisce e mi guida per via sicura.
Ah! mio Dio, illuminate la mia mente, supplite alla mia incapacità d'usar parole, che valgano a ritrarre i sentimenti dell'animo mio. M'accade più d'una volta di venir in chiesa coll'intenzione di dire secondo il solito le mie orazioni vocali, quando, messami ginocchioni dinanzi al SS. Sacramento, tutto ad un tratto mi sentii compresa da vivo sentimento della presenza di Dio, e da profondo raccoglimento. Al certo questo fu dono di Dio, perché io mi son provata molte volte dopo, a voler raccogliere l'animo mio, come in questa circostanza, ma tutta l'attività de' miei sforzi mi riuscì inutile affatto. In questa orazione operava la volontà, e tratto tratto per brevissimo tempo anche l'intelletto, ma senza sforzo, anzi in modo tranquillissimo: talvolta feci anche qualche minuto d'orazione vocale; altra volta non potei farlo perché incontrava gran difficoltà a parlare. Le lacrime che qui Iddio mi concesse scorsero soavemente.
Vede l'anima come un momento solo del contento che prova in questa orazione, non può venir di quaggiù, e che, né ricchezze, né onori, né terreni diletti, non potrebbero darle, nemmen per un minuto secondo, il puro contento che l'inebria. Questa orazione fa gustare all'anima un senso profondo di soddisfacimento e di pace, essa versa ad un tempo nelle sue potenze una calma pura, un pieno contento, un soavissimo diletto. Gusta l'anima questa gioia nel più intimo di se Stessa, ma senza sapere come, donde le venne, ed io non compresi ciò che dovessi fare, che cosa volere, e che cosa chiedere, perché quando il Signore mi favorì queste grazie, non le conobbi, e non seppi come governarmi. Il Signore con questa orazione comincia ad accendere l’anima del suo divino amore, e colle delizie che l'innonda vuole che acquisti qualche conoscimento di tal divino amore. Ecco ciò che in tal occasione io feci. Lasciai libera la volontà, e l'intelletto e la memoria pochissimo vi presero parte.Vedendomi poi sì presso al Signore, Gli chiesi delle grazie; Lo pregai per la Chiesa, per quelli che si raccomandano alle mie orazioni, per i miei parenti, per le anime del Purgatorio e ciò non con istrepito di parole, ma con calma e confidenza, con vivo desiderio e ferma speranza di venir esaudita. Ecco ora gli effetti che produsse in me questa orazione.
Quivi illuminata dal Signore conobbi vieppiù il mio nulla, e la mia miseria, e quanto più il mio Dio si degnava favorirmi di sue grazie, altrettanto più io vedeva in me un abisso di ingratitudine; tanto che, fino d'allora, mi convinsi d'essere io la persona più infedele ed ingrata... oh! tremenda parola che mi investe di terrore ..., ingrata all'amabilissimo Gesù. Oh! qui sì, non c'era bisogno che me ne andassi penosamente ricercando in quel punto considerazioni per umiliarmi e confondermi, il Signore stampavami profondamente in cuore un”umiltà vera, e ben diversa da quella ch'io possa acquistare colle mie considerazioni.
Essa penetra l'anima di tal confusione, che l'annichila.
Altra volta (nella solitudine della mia cameretta) l’Amor Divino che già sentiva infiammarmi un po' il ghiacciato mio cuore, mi inspirava sentimenti grandiosi di disprezzo delle cose del mondo, facendomi toccar con mano la loro nullità. Compresi come tutto sia vanità, fuorché il servire a Dio; ed il pensiero della gloria eterna mi mise in cuore un ardente desiderio, una brama di sacrificar tutto, e con allegrezza, e onore e comodi e salute ecc., per arrivare con una vita cristiana e penitente a partecipare della gioia del Paradiso.
Il soave pensiero della vista dell'Umanità sacratissima dello Sposo dei Vergini G.C. mi inondava l'animo di tale gioia che non si potrebbe spiegare, e non potea saziarsi il mio cuore di sfogarsi col ripetere: «Mio Dio!.. che sarà mai in Paradisol... Ah! quando, quando verrà il momento fortunato, in cui mi verrà concesso di contemplare Voi, o mio Dio? O morte del giusto, quanto sei preziosa e quanto sei desiderata››! Con questo vivissimo desiderio di posseder Dio, non è a dire la pena che mi cagionava il pensiero che forse la mia cattiveria m'avrebbe impedito d'unirmi al sommo Bene e da queste considerazioni ricavava poi conoscenza e diffidenza di me stessa e confidenza e speranza nella misericordia in Dio.
Oh! se queste grazie speciali il Signore le concedesse a qualunque altra anima invece della mia, quanto onore e gloria, quanta fedele corrispondenza n'avrebbe! Chi mai, se non un cuor di macigno, com'è appunto il mio, potrebbe corrispondere con sì mostruosa ingratitudine, e seppelir nell'oblio grazie sì segnalate, pegni sì teneri dell’amor d'un Dio!
«Deh! fate, o mio Gesù, che incominci ad amarvi e servirvi››. Io bramerei saper distinguere se fu spirito di Dio che mi fece operare così, ovvero se fu inganno del demonio, o che? Lessi nel libro di S. Teresa, che per regola generale bisogna distaccarsi da ogni sorta di contenti, ed entrar nel campo dell'orazione con una sola risoluzione, quella cioè di aiutar e seguir Gesù Cristo a portar la Croce; che questo è il mezzo più sicuro per isfuggire i lacciuoli del nemico. Feci proposito a me stessa di praticare questo consiglio, se mi accadesse ancora di gustare le gioie provate altre volte. Una sera infatti era appena entrata in Chiesa, ed io mi sentii, non so come, nell'anima una allegrezza quasi simile a quella che provai nelle altre occasioni, (questa ebbe luogo mi pare dal pensiero di essere innanzi alla Sacratissima Umanità di G.C. che come Dio ed Uomo risiedeva su quel trono di misericordia) ed io memore del proposito fatto, a tutta possa, e con violenza, cercai di rimuovere questo contento: dopo un po' di tempo di lotta, vi riuscii; ed il benigno Gesù, in ricompensa di questa fatica sostenuta, mi concesse una grazia grande, «contrizione vera delle mie colpe››. Mi sentii il cuor dilacerato dal dolore, non per timor del castigo meritato, no, ma per aver offeso il mio Dio: questo sì, era il pensiero che cavava dai miei occhi lacrime sì abbondanti ed amare. D'allora in poi il timor fígliale tenne in me il posto del servile; ed ora più mi giova, per ritornarmene a Dio, il pensiero dei ricevuti favori e la vista del suo grande amore, che non possa l'apprensione vivissima di quante possa aver pene l'inferno.
R.mo Padre, io sento un ardentissimo desiderio di progredire nell'orazione; deb! m'insegni il modo di farla, che io spero, colla grazia di Dio, di mantenermi ferma nel proponimento che feci di non abbandonarla giammai.
«E voi, o mio amabilissimo Gesù, giacché incominciaste l'opera vostra, deb! compitela, ve ne prego; dissipate, distruggete in me ciò che Vi dispiace, e consumate poi il mio cuore nelle fiamme del Vostro amore. Chiamatemi, mio diletto, nella solitudine, ed ivi parlatemi ancora al cuore››.
S[ia] L[odato] G[esù] e M[aria]
Qui ho messo in chiaro alcune delle tante grazie che il Signore mi concesse, in altra occasione dimostrerò il modo con che io vi corrisposi, mettendo così più in chiaro la mia ingratitudine. Questo lo farò con piacere perché così conoscerà meglio la cattiveria mia.
Forse avrò qui scritto cose che si potevano tralasciare, lo conosco, ma siccome il mio scopo è di dire tale e quale mi suggerisce il cuore, così su questa parte non vi posi veruno studio.
G[UADAGNINI] M[ARGHERITA]

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(1) Margherita Guadagnini, poi madre Maria Guadagnini. Nata a Brescia il 25 maggio 1856. Fin da giovane ebbe «atteggiamento risoluto›› che «nel suo piglio rapido e deciso aveva qualcosa di militare» e come dimostra questa lettera. L'8 dicembre 1880 entrò nella Congregazione delle Figlie della Carità (Canossiane) e fece la professione perpetua solo il 15 agosto 1927. Si dedicò all'insegnamento nelle Scuole Normali dell'Istituto Canossiano e poi in quelle Governative. Ad un certo momento aspirò alla vita contemplativa e chiese di entrare nel Carmelo. Ma fu convinta a rimanere canossiana e fu educatrice per 54 anni fino al 1935, insegnando lettere, seguendo con cure materne le convittrici e le educande. Grande il suo zelo per la salvezza delle anime che la spinse a scrivere anche opuscoli di devozione ampiamente diffusi, a seguire con efficaci istruzioni esercizi e ritiri spirituali, ad assistere le maestre nelle riunioni settimanali. Fu prima a Brescia a diffondere la devozione a S. Teresa del Bambin Gesù e visse una vita intensa di lavoro, di insegnamento e assieme di sempre più intensa unione con Dio, che si affinò in vecchiaia nella sofferenza e nella cecità. Morì il 31 maggio 1939.
(2) Arciprete Corna. Si tratta del futuro vescovo di Brescia mons. Giacomo Maria Corna Pellegrini Spandre (Pisogne 1827 - Brescia 1913) che dopo un periodo di insegnamento nel 1859 era diventato prevosto di S. Alessandro, sostituitovi nel 1870 da don Pezzana. Di tendenze intransigenti, pur diversificandosi dall'ambiente più consentaneo a p. Piamarta, ne sostenne l'azione e l'opera.
(3) Si rivela qui un carisma peculiare in p. Piamarta, quello di direttore spirituale. La lettera è la più palmare attestazione, la certificazione più spontanea e viva in tal senso. Attestazioni di viva ammirazione per p. Piamarta direttore spirituale sono in tutto l'epistolario che segue.
(4) Si riferisce a Libro della sua vita di S. Teresa di Gesù o d'Avila. (Avila 1515 - Alba de Tormes 1582) mistica, riformatrice del Carmelo, dottore della Chiesa. Sulla devozione a S. Teresa di Gesù o d'Avila, di p. Piamarta cfr. Alle sorgenti della spiritualità di Padre Giovanni Piamarta. I Santi di Padre Piarnarta, Centro piamartino di spiritualità, Brescia 1985, pp. 31-34.

sabato 3 novembre 2012

150 - MESSA DI RINGRAZIAMENTO NELLA CATTEDRALE DI BRESCIA

 

Re: «Piamarta, un esempio per tutti»

IL RICORDO. Tanti fedeli alla Messa in cui il Cardinale ha ricordato solennemente la figura del neo-Santo bresciano
«É stato portatore di un modello educativo che rimane attuale e più che mai vincente»
04/11/2012
 
«Un esempio meritevole di imitazione per tutti, che ha onorato il volto cristiano di Brescia ma anche la vita della società civile». Un riconoscimento a tutto tondo, quello che il Cardinale Giovanni Basttista Re ieri ha tributato a San Giovanni Battista Piamarta nel corso della Santa Messa di ieri. Tanti bresciani hanno partecipato nella Chiesa Cattedrale al momento solenne. Il ricordo di Padre Piamarta, circondato dalla Santità di cui Papa Benedetto XVI appena due settimane fa lo ha investito, è stato caratterizzato da «passione ed umiltà», le stesse virtù che il 23 dicembre 1865 lui mise nelle mani del vescovo monsignor Girolamo. Il Cardinal Re, venuto a presiedere la solenne celebrazione Eucaristica, ha elevato il «piissimo e coraggioso sacerdote bresciano» ad esempio per tutti. «IL RICONOSCIMENTO ufficiale della sua santità - ha detto il cardinale nell'omelia - rende esemplare, cioè meritevole di essere indicata come degna di imitazione, la vita di questo sacerdote bresciano. Egli - ha aggiunto - ha onorato il volto cristiano di Brescia ed è stato protagonista della sua storia civile». La fondazione dell'Istituto Artigianelli, ad esempio, fu uno dei capisaldi della sua opera educativa. «Il punto di partenza di Padre Piamarta - ha spiegato il cardinale Re - fu quello di cercare il bene umano e spirituale dei ragazzi, con fiducia nei giovani e con l'impegno di aiutarli, materialmente e spiritualmente, perché potessero camminare nella vita con le proprie gambe. Questo fu il suo inconfondibile stile educativo: fare dei suoi giovani dei bravi artigiani o operai, dei buoni cittadini e degli ottimi cristiani». Per farlo mise in campo cuore e intelligenza, si circondò di collaboratori validissimi ispirati dalla Carità, allargò il suo orizzonte fino alla campagna, con padre Bonsignori fondò una scuola di agricoltura, pretese sempre che il lavoro fosse mezzo di redenzione e di promozione umana. «ANCHE se molte cose sono cambiate - ha detto ancora il cardinale -, questo aspetto della sua opera e delle sue intuizioni mantiene un indubbio valore; dimostra che il mondo del lavoro e della produzione di beni ha bisogno di fermento evangelico e di testimoni illuminati da una coscienza, che si sente responsabile di fronte a Dio e che sa tenere nel debito conto anche la dimensione umana e sociale dei problemi del lavoro. Lui che tanto ha sofferto - ha aggiunto il celebrante -, ha dimostrato e dimostra il valore della preghiera intensa e prolungata. Questo nostro tempo, tanto ricco di tecnologie e tanto povero di valori ha bisogno di santi come il Piamarta. La sua Congregazione - ha concluso il cardinale Re ribadendo il concetto dell'esempio virtuoso -, fondata sull'idea di famiglia per le famiglie, rimane vincente». Ieri in Duomo erano presenti moltissime figure istituzionali di Brescia, tra cui il prefetto e il sindaco della città oltre ai vescovi Luciano Monari, Bruno Foresti e Mario Vigilio Olmi, oltre alle tante persone che naturalmente si sono formate all'interno delle scuole piamartine.L.C.
 
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